Battaglia sul referendum, “responsabili” blindano il Governo

Troupe e giornalisti in piazza Cavour sede della Cassazione.
Referendum, troupe e giornalisti in piazza Cavour sede della Cassazione. ANSA/CLAUDIO PERI

ROMA. – E’ appeso a una manciata di firme il destino del referendum contro il taglio dei parlamentari. A tre giorni dalla scadenza del termine per la presentazione della richiesta, si tirano indietro quattro senatori di Fi vicini a Mara Carfagna (ma in tutto ad ora sarebbero otto le defezioni) e sono pronti al ritiro anche tre senatori Pd.

La consultazione rischia di saltare: la legge entrerebbe subito in vigore. Ma a “salvare” il referendum potrebbero pensarci altri senatori azzurri. O, più probabilmente, la Lega. Perché in un intreccio pericolosissimo per le sorti del governo, solo se ci sarà il referendum sul taglio dei parlamentari ha buone probabilità di tenersi anche il referendum della Lega per il maggioritario, su cui il 15 deciderà la Consulta.

La maggioranza prova a evitarli entrambi. Pressa i senatori per il ritiro delle firme e deposita il “Germanicum”, una proposta di legge elettorale proporzionale. Mentre prosegue il lavoro sotterraneo per blindare la maggioranza e metterla al riparo dagli smottamenti nel M5s (altri due deputati passano al Misto), magari con l’ingresso di un gruppetto di senatori FI.

Non passano inosservate, tra i parlamentari, le parole con cui Giuseppe Conte risponde a una domanda del Foglio sulla possibilità che Fi entri in maggioranza, votando con Pd e 5s come già avvenuto al Parlamento Ue: “Se si dovesse verificare questa condizione la valuteremo. Sarebbe un passaggio senz’altro significativo”.

Da Forza Italia Antonio Tajani parla di “ipotesi dell’irrealtà” ma di un gruppo di deputati e senatori “responsabili” si continua a parlare con insistenza. Del resto i quattro senatori azzurri Franco Dal Mas, Massimo Mallegni, Laura Stabile e Barbara Masini annunciano di aver ritirato le firme per “impedire a qualcuno di farsi prendere dalla tentazione di andare a votare senza ridurre prima il numero degli eletti”.

Il gesto prelude all’ingresso in maggioranza dei parlamentari di Fi vicini a Mara Carfagna? Chi è vicino alla vicepresidente della Camera nega con fermezza: “Voce libera vuole che il governo cada. Ma non si può andare a votare con mille parlamentari, alimentando ancora il M5s anti casta”.

La tesi prevalente è che se venisse indetto il referendum, si aprirebbe una finestra per far saltare il governo e andare a votare per eleggere 630 deputati e 315 senatori, prima che vengano ridotti a 400 e 200.

Ma nei giochi politici di queste ore è un altro calcolo a prevalere: per un cavillo giuridico, se verrà indetto il referendum costituzionale, avrà più probabilità di essere ammesso anche il referendum promosso dalla Lega per una legge elettorale maggioritaria. A quel punto potrebbe essere indetto un election day capace di far fibrillare il governo, in coincidenza con le elezioni regionali di primavera.

“Rischierebbe di essere un mega referendum su Salvini”, osserva una fonte Pd. E anche per non dare a Salvini altre armi di propaganda, il governo si tiene fuori dalla ‘contesa’: Conte e i capi delegazione di maggioranza, in una riunione prima del Cdm, decidono di non costituire il governo nel giudizio della Corte Costituzionale sul referendum Calderoli (la decisione è attesa il 15).

Per sminare quel referendum e dimostrare alla Consulta che sul sistema di voto sta già legiferando il Parlamento, viene accelerata anche la presentazione della legge elettorale proporzionale che nasce da un primo accordo di maggioranza (ma Leu mantiene “riserve”). Giuseppe Brescia (M5s) deposita il Germanicum, un sistema con soglia di sbarramento al 5% (nell’iter parlamentare, complici i voti segreti, c’è il rischio che scenda) e diritto di tribuna per i piccoli partiti.

Anche in nome di questa prima bozza di legge elettorale proporzionale tre senatori Pd, Roberto Rampi e gli orfiniani Francesco Verducci e Vincenzo D’Arienzo, potrebbero ritirare le firme dalla richiesta di referendum sul taglio dei parlamentari. Dal partito contattano uno ad uno i 7 senatori che hanno firmato, ma gli altri 4 resistono.

Intanto Andrea Cangini da Fi assicura che nel pomeriggio le firme necessarie a indire la consultazione saranno depositate (c’è tempo fino a lunedì). Domani anche i Radicali presenteranno i risultati della loro raccolta firme. Ma determinante è ora la Lega. “Io farei referendum su tutto”, dichiara in serata Salvini. Sembra il segnale ai leghisti di firmare e metterci la faccia.

(di Serenella Mattera/ANSA)

Lascia un commento