Trump sanziona l’Iran, scontro con Iraq sulle truppe Usa

Un convoglio militare delle truppe americane stanziate in Irak.
Un convoglio militare delle truppe americane stanziate in Irak. (Ansalatina)

WASHINGTON. – Gli Usa restano in trincea con Teheran annunciando nuove sanzioni per l’attacco missilistico senza vittime contro due basi in Iraq, ma anche con Baghdad, rifiutandosi di discutere la reiterata richiesta di ritirare le loro truppe dal Paese.

Il capo della diplomazia Usa Mike Pompeo e il segretario al Tesoro Steve Mnuchin hanno annunciato le nuove misure verso l’Iran dopo che Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che autorizza sanzioni contro individui o entità operanti nel settori delle costruzioni, del manifatturiero, del tessile e in quello minerario. Quest’ultimo è il primo ad essere colpito, con acciaio e alluminio.

Sanzionati anche otto alti dirigenti del regime ritenuti coinvolti nel raid missilistico. Tra loro il segretario del supremo consiglio di sicurezza, il vice capo di stato maggiore delle forze armate e il comandante della milizia Basij.

“Stiamo mirando al cuore dell’apparato di sicurezza interna”, ha sottolineato Pompeo, aggiungendo senza dettagli che il generale Qassem Soleimani è stato eliminato perché gli Usa avevano informazioni specifiche su “imminenti minacce di attacchi su larga scala ad ambasciate e basi americane”, dopo che ieri Trump aveva evocato un piano per far esplodere la sede diplomatica Usa a Baghdad.

Le nuove sanzioni, secondo Trump, “avranno un enorme impatto sull’economia dell’Iran” e taglieranno “sostanziali entrate che potrebbero essere usate per sostenere lo sviluppo del programa nucleare e missilistico, il terrorismo e i gruppi terroristici nella regione” da parte di Teheran, che resta “il principale sponsor mondiale del terrorismo”.

Continua quindi la campagna di massima pressione contro l’Iran, dove Trump ha imposto finora sanzioni ad oltre 1000 tra individui, società ed organizzazioni, pur ribadendo oggi che “gli Usa sono pronti ad abbracciare la pace con chiunque la cerchi”. L’obiettivo è negoziare una nuova intesa sul nucleare, ma Teheran pone come come condizioni la revoca delle sanzioni e il ritorno degli Usa all’accordo iniziale.

Washington rischia di accrescere le tensioni anche con il vicino Iraq, dove il premier (dimissionario) Adel Abdul Mahdi ha chiesto a Pompeo di inviare una delegazione Usa per definire il ritiro dei 5200 soldati americani, come sollecitato da una mozione del parlamento dopo l’uccisione di Soleimani a Baghdad, considerata una violazione della sovranità nazionale.

Ma la portavoce del dipartimento di Stato Morgan Ortagus ha risposto con una dura nota in cui afferma che “qualsiasi delegazione mandata in Iraq discuterà non il ritiro delle truppe ma come riorganizzare al meglio la nostra partnership strategica, la nostra giusta e appropriata postura in Medio Oriente”.

Ortagus ha rivelato però un dettaglio che potrebbe far intravedere un futuro cambio della guardia tra Usa e l’Alleanza Atlantica in Iraq: “Una delegazione della Nato è al Dipartimento di Stato per discutere un maggior coinvolgimento della Nato in Iraq, in linea con il desiderio del presidente Trump di una maggiore condivisione degli oneri nei nostri sforzi di difesa”.

Per ora, tuttavia, gli Usa considerano “cruciale” la loro missione anti Isis in Iraq e non vogliono saperne di andarsene lasciando campo libero all’Iran.

La Camera Usa intanto ha approvato una risoluzione largamente simbolica per impedire qualsiasi ulteriore azione militare di Trump in Iran senza l’autorizzazione del Congresso, tranne in caso di imminenti attacchi agli Stati Uniti.

A favore i dem, che controllano la House, contro i repubblicani. Una risoluzione analoga sarà votata la prossima settimana in Senato, dove però il Grand Old Party ha la maggioranza.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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