La verità di Harry: “Triste ma non avevamo alternative”

Il principe Harry e sua moglie Meghan Markle durante l'annuncio del loro fidanzamento nel Sunken Garden in Kensington Palace a Londra, novembre 2017.
Il principe Harry e sua moglie Meghan Markle durante l'annuncio del loro fidanzamento nel Sunken Garden in Kensington Palace a Londra, novembre 2017.(ANSA/FACUNDO ARRIZABALAGA )

LONDRA. – Un “atto di fede” e di “coraggio”, concepito non senza “tristezza”, ma con consapevolezza: come l’unica opzione possibile, senza alternative, sulla strada di una maggiore libertà cercata a lungo, di “una vita più tranquilla”. Il principe Harry rivendica così, con parole che probabilmente sarebbero piaciute a Diana, la madre perduta quando lui aveva 12 anni, il distacco dalla famiglia reale britannica annunciato clamorosamente in questi giorni assieme alla consorte Meghan e sancito infine da un’intesa con la Regina e gli altri Windsor imposta dalle convenienze di palazzo.

Ospite al vertice Gran Bretagna-Africa sugli investimenti in uno degli ultimi impegni formali in rappresentanza del casato, Harry ha avuto oggi l’occasione di un cordiale incontro a quattr’occhi con il premier Boris Johnson: il primo dopo la formalizzazione dell’addio dei duchi di Sussex allo status di membri attivi nella Royal Family a partire dalla prossimaprimavera, al titolo di altezze reali e alla loro quota di fondi pubblici diretti, in cambio di un futuro più “indipendente” a cavallo fra il Regno e il Canada. Ma la sua verità, dopo giorni di paginate di una stampa isolana in larga parte ostile, è arrivata ieri sera di fronte alla platea amica di volontari dell’associazione Sentebale, fondata nel 2006 in favore dei malati di aids e in memoria proprio di Lady D. E ha preso la forma di un discorso a cuore aperto.

“Voglio che ascoltiate da me la verità, per quanto posso condividere. Non come principe o duca, ma come Harry”, ha esordito il secondogenito di Carlo e Diana, senza nascondere l’emozione. Il primo punto che ha voluto chiarire – lui, soldato e veterano dell’Afghanistan – è che non si è trattato di diserzione. “Il Regno Unito è la mia casa, il luogo che amo, questo non cambierà mai. Ma per come si sono messe le cose, io e Meghan non avevamo scelta”, ha spiegato.

Premesso questo, non sono mancati altri puntini sulle i. A cominciare dalla difesa del proprio ruolo in una svolta rivendicata in prima persona singolare, come a voler sgomberare il campo dalle congetture sui presunti condizionamenti attribuiti (soprattutto dai tabloid) alla Markle. “La decisione che ho preso per me e mia moglie di fare un passo indietro non è giunta alla leggera. Ci sono stati mesi di discussioni, anni di sfide”, ha sottolineato, lasciando chiaramente intendere di aver cercato un destino diverso a corte da ben prima del matrimonio. E di aver avuto adesso la parola finale, in una piena “condivisione di valori con Meghan”.

Ha quindi precisato che la rinuncia generalizzata ai doveri reali è stata una necessità, non un desiderio. “La nostra speranza era di continuare a servire la regina, il Commonwealth e le associazioni militari, ma senza finanziamenti pubblici. Sfortunatamente questo non è possibile”, ha osservato, assicurando comunque di voler restare leale alla nonna-sovrana (“il mio comandante in capo”) e continuare a servire il Paese attraverso le istituzioni di cui egli o Meghan rimarranno patroni a titolo individuale per “dedicare la vita a sostenere le buone cause, le associazioni di beneficenza e le comunità di reduci che sono così importanti per me”.

Parole che scaldano i cuori degli estimatori – quegli estimatori il cui incoraggiamento Harry non ha mancato di richiamare con la mozione degli affetti, riconoscendo loro il merito di aver “vegliato” su di lui e di averlo “preso sotto un’ala protettrice fin da quando persi mia madre 23 anni fa” -, ma a cui si affianca l’ennesima recriminazione nei confronti dei pregiudizi che il figlio di Diana e marito di Meghan rinfaccia alla “forza potente” dei media britannici. E che in ogni caso non cancellano le code polemiche delle voci critiche.

Come quella dell’ex deputato liberaldemocratico Norman Baker, secondo cui la rinuncia dei Sussex ai fondi pubblici della propria quota di appannaggio reale (Sovreign Grant) non basterà a rassicurare i contribuenti se Harry, Meghan e il piccolo Archie continueranno a ricevere i contributi (il 95% delle loro entrate attuali) garantiti dal principe Carlo tramite il fondo del Ducato di Cornovaglia. Contributi che per i prossimi 12 mesi non risultano cancellati e andranno poi rinegoziati di anno in anno; ma ai quali sarà difficile fare a meno, in attesa di contratti con Netflix o con altri, visto che i paletti del palazzo rendono di fatto insostenibile il progetto di un libero uso commerciale del marchio appena depositato dai duchi: Sussex Royal.

(di Alessandro Logroscino/ANSA)

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