Il mondo ad Auschwitz: “Vigili affinché non accada più”

In visita ad Auschwitz nel Giorno della Memoria.
In visita ad Auschwitz nel Giorno della Memoria. (ANSA)

VARSAVIA. – Non essere indifferenti di fronte ad ogni ingiustizia, intolleranza o violazione dei diritti, perché “non accada più ciò che è accaduto” ad Auschwitz, il più grande campo di concentramento nazista, diventato il simbolo della Shoah e liberato esattamente 75 anni fa dall’Armata rossa. Anche perché l’orrore dell’olocausto, nel quale finirono sterminati 6 milioni di ebrei, iniziò con dei piccoli gesti.

È il forte messaggio arrivato dalla celebrazione di questa Giornata della Memoria, alla quale hanno partecipato 200 sopravvissuti e delegazioni di oltre 50 Stati. “Può succedere ancora”, ha affermato un ex prigioniero, citando la drammatica certezza di Primo Levi.

Il mondo oggi era lì, rappresentato sotto un enorme tendone, da capi di Stato e ministri di decine di paesi. C’era il presidente di Israele Reuven Rivlin. E per l’Italia la viceministra degli Esteri Marina Sereni. “Siamo qui per prendere l’impegno di coltivare la memoria su ciò che è accaduto in questo luogo”, ha detto il presidente polacco Andrzej Duda, aprendo la cerimonia che si è svolta nel pomeriggio proprio di fronte all’ingresso principale a Birkenau (uno dei famigerati campi del complesso di Auschwitz).

È qui che arrivavano i treni che portavano i prigionieri da diversi paesi d’Europa, l’Italia compresa, per scaricarli lungo il binario di questa “fabbrica della morte”. La maggior parte degli arrivati, dopo la selezione, veniva portata nelle camere a gas e i corpi finivano bruciati nei 4 forni crematori: sono 1,3 milioni le vittime di questo lager. Altri prigionieri finivano nei campi dove – secondo lo slogan perverso che ancora campeggia all’ingresso principale “Arbeit macht frei” – il lavoro forzato diventava la loro maledizione.

Duda, assente all’importante conferenza svoltasi pochi giorni fa a Gerusalemme, ha ribadito che uno dei modi “di profanare la memoria” è “falsificare la storia”. Parole pronunciate in polemica con il presidente russo Vladimir Putin, che oggi era assente, e che attribuì alla Polonia la corresponsabilità della Shoah e dell’inizio della II guerra mondiale.

“Lasciamo la storia agli storici”, ha affermato invece Rivlin, e “come statisti e politici assumiamoci la responsabilità di fare in modo che non si ripeta”. Quindi ha invitato Duda in Israele, per ritrovare un “cammino comune”. “Dov’era il mondo?”, ha affermato Batscheva Dagan, 95 anni, lasciando perdere a un certo punto il testo preparato per l’occasione, e parlando “dal profondo del cuore”.

“Mi sono sempre chiesta dove fossero quelli che avrebbero potuto fare qualcosa e che invece non fecero nulla, per salvare migliaia di persone”, ha raccontato una dei sopravvissuti che ha preso la parola. Poi un’esortazione, fatta con decisione: “si può insegnare Auschwitz ai bambini? La mia risposta è sì, ed è necessario oltre che possibile. Va fatto anzi il prima possibile”.

“Sono sopravvissuta ad Auschwitz grazie alla fortuna e all’aiuto degli altri” ha raccontato Elza Baker, 85 anni, proveniente da una famiglia dei rom di Amburgo. Mentre Marian Turski, nato 94 anni fa a Druskienniki in Lituania, ha ricordato come l’idea della “soluzione finale” sia nata negli anni 30 “partendo dai piccoli divieti, e ritorsioni contro gli ebrei”.

“Con il passare del tempo la gente si abituava alle esclusioni, riteneva naturale che il potere stigmatizzasse parte della popolazione”, ha spiegato da storico, impegnato nel Consiglio scientifico del Museo di storia degli ebrei polacchi a Varsavia. “Non siate indifferenti, siate vigili affinché Auschwitz non vi cada di nuovo dal cielo”, il suo appello.

(di Tadeusz Konopka/ANSA)