Irlanda vota all’ombra della Brexit, vola lo Sinn Fein

Manifesti elettorali in Irlanda
Manifesti elettorali in Irlanda. (worldpress.com)

DUBLINO.  – L’economia irlandese è tornata a crescere ai ritmi più alti d’Europa, la disoccupazione è ai minimi storici dopo il collasso della “tigre celtica” causato dalla crisi del 2008, eppure – tra diseguaglianze interne e contraccolpi della Brexit – per le strade di Dublino c’è voglia di cambiamento. Mentre gli ultimi sondaggi, alla vigilia delle elezioni anticipate di domani, assomigliano molto ad un foglio di via per il primo ministro modernizzatore Leo Varadkar.

Neppure i passi in avanti nei negoziati sulla Brexit, con lo scongiurato ritorno di una frontiera fisica lungo il confine con l’Irlanda del Nord, sembrano sufficienti ad arginare un malcontento che – nelle rilevazioni demoscopiche – ha fatto precipitare il Fine Gael (partito di governo europeista moderato legato alla famiglia del Ppe nello stile di Angela Merkel) al terzo posto: dietro non solo i rivali storici liberalconservatori del Fianna Fail, ma anche la sinistra nazionalista dello Sinn Fein, data addirittura in maggioranza relativa con un 25% di voti da alcune indagini. I risultati veri non sono del resto attesi prima di domenica o lunedì e i distacchi sono ravvicinati.

“Lo scopriremo solo a urne chiuse cosa ci riserva il futuro – dice in queste ore Varadkar all’ANSA, aggrappandosi alla convinzione di poter ancora rovesciare le previsioni -. Spero di restare Taoiseach (premier in lingua celtica, ndr), e che il mio partito sia parte del cambiamento per formare un nuovo governo; le priorità sono molte, confidiamo che alla fine la gente senta la forza della nostra economia nella quotidianità”. In campagna elettorale Varadkar, primo leader irlandese gay dichiarato e figlio di padre immigrato, ha rivendicato come successi del suo mandato sia le riforme sui diritti civili, con la storica legalizzazione dell’aborto; sia il risanamento dei conti pubblici e la fermezza nei negoziati con Londra resa possibile anche dalla compattezza con Bruxelles e fra i 27.

“In Irlanda – nota – temevamo davvero il ritorno di una frontiera rigida, che avrebbe destabilizzato l’Irlanda del Nord e l’accordo di pace del Venerdì Santo. Grazie all’intesa con il Regno Unito questo non succederà. La libera circolazione per tutti i cittadini irlandesi resterà intatta”. Ora la prossima battaglia sarà quella per minimizzare controlli e dazi doganali negli scambi commerciali con i vicini, a nord del confine e al di là del mare d’Irlanda. “Dovremo trovare un’intesa perché la nostra economía e molti posti di lavoro dipendono dai commerci col Regno”, insiste Vardakar assicurando di essere l’uomo giusto per portare avanti questa partita a scacchi senza azzardi o fughe in avanti tali da tornare ad alimentare un conflitto che al nord cova sempre sotto la cenere.

La crescita economica, però, non si è riflessa nell’aumento degli stipendi né in un miglioramento dei servizi pubblici. Così i problemi della sanità e la crisi immobiliare hanno finito per oscurare i “successi” sul fronte Brexit in questa campagna elettorale. “La gente sembra sempre più stufa delle politiche, conservatrici se non thatcheriane, di Varadkar – l’opinione di Hugh O’Connell, corrispondente político per il quotidiano Herald -. La Brexit lo ha aiutato, quando si è dimostrato duro con il Regno Unito, che in molti qui continuano a vedere come un vecchio nemico. Ma non sembra possa bastare a salvarlo”. Anche perché l’iter non è ancora concluso, come sottolinea Pat Murphy, professore di storia alla Dublin City University. “E gli irlandesi faticano a processare quello che succederà in futuro. Pensano solo al “qui ed ora”, alle elezioni del febbraio 2020. Non a ciò che potrà accadere nel 2021”.

Un’atmosfera che quasi quasi certamente partorirà un nuovo primo ministro. Non Mary Lou McDonald, leader donna del salto generazionale dello Sinn Fein (subentrata al patriarca di quello che fu il braccio politico dell’Ira, Gerry Adams), in grado di crescere sondaggi alla mano, ma non fino a poter puntare alla maggioranza assoluta in veste di paladina d’una riunificazione con l’Ulster rischiosa ed eventualmente ben di là da venire. Più probabilmente Micheal Martin, numero uno del Fianna Fail, lontano dal potere da 12 anni. E magari con il Fine Gael di Varadkar costretto al ruolo di stampella parlamentare.

(di Lorenzo Amuso/ANSA)

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