Venezuela: un paese, due dimensioni

CARACAS – Che il Venezuela sia un Paese un po’ surrealista lo si capisce da subito: un presidente parla con un uccellino perché ritiene che abbia “l’anima di Chávez”; un governatore (di Carabobo) s’impossessa del nome e l’immagine di Dracula e lo trasforma in suo alter ego e un ministro che assicura che attraverso la piattaforma satellitare di “direct TV”  si possa spiare le famiglie nella propria intimità. Nulla da invidiare al “Macondo” colombiano di Gabriel García Márquez.

Il nostro Paese, che in una occasione i Rolling Stone definirono “allucinante”, ha due governi, 3 monete, 5 milioni di emigrati e una doppia realtà economica e sociale composta da chi ha acceso ai dollari e chi no.

Mondi paralleli

In Venezuela convivono due presidenti: Nicolás Maduro (rieletto in elezioni disertate dall’Opposizione) e Juan Guaidó (ad interim e riconosciuto da 60 paesi, tutti con governi democraticamente eletti). Due parlamenti: quello eletto democraticamente e controllato opposizione; e quello frutto della scissione di alcuni dissidenti filogovernativi. Esiste, poi, una “Assemblea Nazionale Costituente”, controllata dal partito di governo e con “pieni poteri”.

Allo stesso tempo, convivono due Procuratori Generali, uno pro-governo e l’altro in esilio; due Tribunali Supremi di Giustizia, uno nell’esilio. Per non parlare, poi, dei sindacati e organismi di categoria creati dal governo per sostituire quelli legalmente costituiti.

Nell’economia circolano due monete: il Bolívar, ormai carta straccia dopo le svalutazioni e il dollaro che già supera il 50% delle transazioni commerciali interne. Ma non è tutto. C’è anche la moneta virtuale: il “Petro”. Si tratta della cripto-moneta inventata dal governo che, a detta dei consumatori, circola in una dimensione sconosciuta perché “nessuno la compra, nessuno la vende, nessuno la vuole, nessuno la vede e nessuno la conosce.”

Doppia realtà

L’economista ed esperto in opinione pubblica Luis Vicente León racconta che convivono due Paesi “in mondi paralleli:

1) Quello di chi ha dollari e di chi non li ha

2) Quello di chi resta e di chi emigra.

3) Quelli di chi si adatta politicamente e di chi si ribella

4) Quelli di chi spera e di chi la speranza l’ha perduta”.

Con uno stipendio minimo di 3 dollari al mese e solo un 30% di venezolani che, secondo i calcoli degli specialisti, riceve tra 150 e 200 dollari al mese, la situazione è tale da far saltare in aria le tradizionali categorie e classi social.

“La tradizionale divisione della società in strati sociali A, B, C e D è stata cancellata dalla schiacciante realtà economica cha ha fatto dei salari un dato irrilevante ai fini di determinare uno status sociale”, afferma León.

L’economista considera che un’approssimazione più esatta, in tentativo di classificazione della società venezuelana sarebbe determinato dal dollaro: chi ne ha (59 % de la popolazione) e chi non ne ha (41 % restante).  Nel primo gruppo, Luis Vicente León, distingue tre categorie: 13 % vive dei capitali all’estero, 12 % riceve le rimesse dei familiari emigrati e il 34 % riceve stipendi e bonus in valuta pregiata.

Così un impiegato, con un importante incarico; un operaio che riceve dollari dal figlio all’estero; un cittadino con conto all’estero, possono acquistare sufficienti generi alimentari anche di marca. Lavoratori autonomi, camerieri, facchini, e quant’altro possono ricevere dai 10 ai 10 dollari la settimana. Chi non ha acceso alla valuta estera, vive nella povertà. D’accordo ai rapporti del Centro de Documentación y Análisis Social de la Federación Venezolana de Maestros” (Cenda) il carrello della spesa, per una famiglia di 5 persone, costa almeno 300 dollari.

Ció spiega il moltiplicarsi a Caracas e nelle grandi città  di “bodegones” che vendono prelibatezza importate in dollari e, allo stesso tempo,  la massa crescente di indigenti che cerca da mangiare tra le borse d’immondizia.

Salto nel tempo e lo spazio

Visti gli stipendi che percepiscono lavoratori e professionisti, non risulta strano che si verifichi un salto nel passato per poter sopravvivere.

“Non viviamo del lavoro odierno ma di ciò che siamo riusciti a risparmiare in passato”, afferma León. Spiega che molti venezolani stanno consumando i dollari risparmiati per una vecchiaia tranquilla. Di fatto, è tutta l’economia del paese che è retroceduta ai livelli di produzione del 1946, precisano gli analisti.

A fianco di questo salto al passato, circa 5 milioni di venezolani hanno scelto la via dell’emigrazione. Grazie al WhatsApp alle reti sociali, sono in contatto quotidiano con i loro familiari, si scambiano informazioni sulla politica e partecipano alle manifestazioni di protesta contro il Governo Maduro e ai convegni che si svolgono all’estero. Per loro la vita continua in Venezuela ma da altre latitudini.

Una divisione, anche se più sottile, esiste all’interno della capitale. Ad ovest della città, c’è chi vive in quartieri “liberate dalla rivoluzione” ma dove bande di motociclisti armati e filogovernative impediscono le manifestazioni organizzate dall’Opposizione. Ci sono poi istituzioni governative e programmi televisivi in cui si avverte esplicitamente: “Aqui no se habla mal de Chavez”.

Due mondi diversi, quindi, sono pure quelli che si trasmettono per radio e televisione. Due visioni diametralmente opposte del Paese. La realtà e la fantasia convivono, il bianco si trasforma in nero e viceversa. Tutto dipende in quale dimensione, in quale di questi mondi paralleli si viva.

Roberto Romanelli