Il Sudan consegnerà Bashir alla Corte penale dell’Aja

Sudanesi celebrano la firma della legge che dissolve del ex partito National Congress Party (NCP) dal registro dei partiti in Khartoum, Sudan, 30 November 2019.
Sudanesi celebrano la firma della legge che dissolve del ex partito National Congress Party (NCP) dal registro dei partiti in Khartoum, Sudan, 30 November 2019. (ANSA-EPA/MARWAN ALI)

ROMA. – La decisione è arrivata oggi, contro tutte le previsioni e i proclami della prima ora: l’ultratrentennale autocrate del Sudan deposto con il golpe dell’11 aprile 2019, Omar al-Bashir, sarà estradato per essere consegnato alla Corte penale internazionale dell’Aja, dove dovrà rispondere alle accuse crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Darfur.

Il via libera del Consiglio militare del Sudan riporta alla memoria quanto dichiarato all’indomani del colpo di Stato consumatosi dopo quattro mesi di proteste di piazza. Destando non poco clamore, i militari promisero ai manifestanti che mai avrebbero estradato al-Bashir, nonostante la pesante accusa di genocidio per la campagna contro i ribelli in Darfur, una delle nove province storiche del Sudan che si sentiva discriminata dall’esecutivo e contro la quale l’ex dittatore usò il pugno di ferro, con una repressione costata la vita a circa 300 mila persone e causa di 2,7 milioni di sfollati.

Estradare al-Bashir subito dopo il colpo di Stato, come chiesto dai suoi oppositori, sarebbe stato un “brutto marchio” per il Sudan secondo il generale Omar Zein Abedeen, alto esponente della giunta militare responsabile per gli aspetti politici della transizione. Abedeen escluse estradizioni anche per i ribelli, prospettando la possibilità che la consegna alla Corte dell’Aja avrebbe potuto essere decisa da un futuro governo civile.

E invece ecco arrivato il cambio di passo, non l’unico segnale lanciato da un Paese che, con una serie di mosse, sembra volersi affrancare dalla sua storia più recente. Proprio ieri il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha detto al vertice annuale dei leader dell’Unione africana, svoltosi ad Addis Abeba, che è tempo di rimuovere il Sudan dall’elenco degli Stati sponsor del terrorismo. Lista nera in cui il Paese africano è finito dopo aver dato rifugio al leader di al-Qaida Osama bin Laden.

Un’esortazione arrivata a stretto giro dall’incontro svoltosi all’inizio del mese in Uganda tra il generale Abdel Fattah al-Burhan, capo del consiglio sovrano del Sudan, e il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, che in un tweet in ebraico ha scritto di aver “concordato di avviare una cooperazione che normalizzerà le relazioni tra i due Paesi. Storia!”. Al-Bashir, infatti, era un oppositore di Israele e il suo governo accusato di aver contribuito ad armare Hamas.

Per un Sudan che ambisce a rientrare nel consesso internazionale, stabilendo nuovi contatti con l’Europa e con gli Stati Uniti, diventa inconciliabile proteggere un uomo accusato di crimini così efferati come il genocidio. Omar al-Bashir può essere sacrificato.

(di Valentina Maresca/ANSA)

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