Un italiano che vive in Usa tra i contagiati della nave

Un'ambulanza trasporta un passeggero contagiato della nave da crociera Diamond Princess.
Un'ambulanza trasporta un passeggero contagiato della nave da crociera Diamond Princess. (ANSA-EPA)

ROMA.  – Gli Usa per primi hanno rotto gli indugi iniziando le evacuazioni dei connazionali dalla Diamond Princess, il lazzaretto galleggiante ancorato nel porto di Yokohama dove i contagiati dal coronavirus sono saliti ad almeno 454. Tra loro ci sarebbe anche un italiano, portato via con circa 300 americani perché residente da molti anni negli Stati Uniti. Anche il nostro governo si sta muovendo per rimpatriare i connazionali bloccati a bordo ed invierà al più presto un volo speciale, ha confermato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.

Il punto sulla situazione dei 35 italiani bloccati sulla nave da crociera è stato fatto dalla task force sul Covid-19 riunita al ministero della Salute. La situazione è ogni giorno più complicata, perché i numeri dei contagiati continuano a crescere (99 gli ultimi registrati) a fronte dei circa 1.700 passeggeri testati sui 2.600 complessivi, esclusi i circa 1.100 dell’equipaggio. Tra gli infetti al momento non risulta nessuno dei nostri, ma secondo il ministro Di Maio “non c’è più tempo da perdere”, quindi il governo “sta lavorando perché un Boeing parta” per andarli a prendere “il prima possibile”. Con un’operazione analoga a quelle che nei giorni scorsi hanno permesso il rimpatrio dei connazionali da Wuhan.

Non tutti gli italiani però lasceranno la Diamond. Alcuni dei 25 membri dell’equipaggio, incluso il comandante, resteranno per governare la nave, ha fatto sapere il commissario per l’emergenza Angelo Borrelli, aggiungendo che gli altri rientreranno insieme con i passeggeri, una decina. Con loro viaggeranno anche cittadini di altri paesi europei, “appena avremo chiaro quanti posti ci saranno a disposizione sull’aereo”, ha aggiunto il capo della Protezione Civile.

Quanto alla tempistica, il capo dell’Unità di crisi della Farnesina Stefano Verrecchia ha osservato che una finestra utile potrebbe essere dal 19 febbraio, giorno in cui è prevista la fine della quarantena a bordo, al 21 febbraio. La quarantena per gli italiani si riproporrà una volta rientrati, in una struttura da definire, probabilmente la Cecchignola.

É ancora da chiarire, invece, la situazione di un italiano residente negli Stati Uniti perché sposato con una cittadina americana, anche lui parte del gruppo di crocieristi della Diamond. Forse potrebbe avere contratto il coronavirus insieme ad altri 14 americani che sono risultati positivi al test durante il volo di rientro e che per questo motivo hanno viaggiato in un’area di contenimento. Anche il cittadino italiano, insieme con i circa 300 americani saliti su due voli charter diretti in Texas ed in California, è già rientrato. Ora bisognerà attendere notizie più precise sulla sua condizione.

Per quelli che sono sbarcati ma non risultano infetti è stata decisa comunque una quarantena supplementare di 2 settimane.

L’operazione di rimpatrio degli Stati Uniti è l’unica che finora si è di fatto conclusa. Dei circa 380 che si trovavano a bordo della Diamond, oltre a coloro che hanno approfittato del ponte aereo, 40 sono stati trasferiti in un ospedale giapponese dopo essere risultati infetti, mentre altri 40 hanno deciso di restare a bordo giudicando tardiva l’iniziativa di Washington e considerando più sicuro continuare a vivere blindati in cabina, sperando che la quarantena effettivamente termini a breve.

Oltre all’Italia, anche Australia, Canada, Corea del Sud, Hong Kong e Taiwan hanno avviato i piani di evacuazione per portare via diversa centinaia di passeggeri nel complesso. Nel frattempo, per i forzati a bordo, le autorità giapponesi hanno fornito duemila iPhone, uno a cabina, con i quali potranno accedere ad un’app creata dal Ministero della Salute per comunicare con medici, farmacisti e psicologi.

Un altro modo per provare ad alleggerire un’attesa sempre più sfibrante, nonostante l’ora d’aria sul ponte, l’accesso ai social e i film on-demand.

(di Luca Mirone/ANSA)

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