Garante, allarme per rimpatri forzati verso l’Egitto

Una immagine del ricercatore egiziano Patrick George Zaky.
Una immagine del ricercatore egiziano Patrick George Zaky. ANSA

ROMA. – Nel 2019 sono stati “ben 363” i rimpatri forzati dal nostro Paese verso l’Egitto. Un fenomeno consistente e che allarma il Garante nazionale delle persone private della libertà personale Mauro Palma. Perché l’Egitto di oggi non dà più le stesse garanzie sul piano del rispetto dei diritti umani di quello che 13 anni fa sottoscrisse l’accordo bilaterale con l’Italia. E dunque quell’intesa ora va cambiata.

Palma coglie l’occasione di un convegno internazionale sul monitoraggio dei rimpatri forzati in Italia e in Europa per esprimere la sua “preoccupazione”. E per chiedere alla politica di “rivedere l’accordo” “perché in tema di situazione dei diritti umani l’Egitto del 2020 non è più quello del 2007”.

Lo dimostrano anche le vicende che, pur del tutto estranee al tema rimpatri, hanno più scosso l’opinione pubblica italiana: la tragica morte di Giulio Regeni, ucciso dopo essere stato torturato, e il caso di Patrick Zaky, lo studente dell’ Universita’ di Bologna arrestato al suo rientro in Egitto e tuttora detenuto, per il quale il segretario generale della Farnesina Elisabetta Belloni, ancora oggi, è tornato ad esprimere “enorme preoccupazione”.

Al di là della questione Egitto, l’Italia ha fatto “grandi passi avanti” sul fronte della protezione dei diritti fondamentali nelle operazioni dei rimpatri forzati, che oggi affronta “sostanzialmente in modo corretto”, ha riconosciuto Palma, che ha parlato di collaborazione e sinergia tra il suo ufficio e il Ministero dell’Interno.

Certo, ci sono degli aspetti da migliorare, a partire dalle informazioni sui rimpatri imminenti spesso comunicate “troppo tardi” dal Viminale. Altre ragioni di preoccupazione arrivano dal fronte europeo. Palma nota con “forte disappunto” che la sentenza della Corte di Strasburgo sui respingimenti a Melilla “non ha rilevato” violazioni da parte della Spagna di norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

E invita i Paesi membri dell’Ue – unici responsabili di fronte alla Corte di Strasburgo – a fare uno sforzo “per espandere la protezione dei diritti fondamentali nelle operazioni di rimpatrio forzato, ad esempio promuovendo la collaborazione con i paesi di destinazione per il monitoraggio post rimpatrio”.