Aumenta spesa Comuni per welfare, ma troppe differenze

Sede dell'Istituto Nazionale di Statistica.
Sede dell'Istituto Nazionale di Statistica. (istat.flgil.it)

ROMA. – Aumenta la spesa dei Comuni per i servizi sociali, ma le differenze tra Nord e Sud – anche su questo fronte – restano troppo marcate. Per il quarto anno consecutivo l’impegno finanziario delle varie città per il welfare è in crescita e ha raggiunto i livelli registrati negli anni precedenti la crisi del 2011-2013. Le cifre rilevate da un’indagine Istat inquadrano un trend in continuo incremento, rivelando che nel 2017 il dato è del +2,5%.

Il gap del Mezzogiorno è però ancora evidente. Ci sono abissali differenze, ad esempio, tra un Comune veneto e uno calabro o pugliese. Se la spesa sociale di cui beneficia mediamente un abitante in un anno è di 119 euro, quella del Sud rimane molto inferiore rispetto al resto dell’Italia: 58 euro contro i 115 euro annui in tutte le altre ripartizioni, toccando il massimo nel Nord-est con 172 euro.

Secondo l’indagine, nel 2017 la spesa dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, ammonta a circa 7 miliardi 234 milioni di euro, corrispondenti allo 0,41% del Pil nazionale (dati provvisori).

I principali destinatari della spesa sociale dei Comuni sono famiglie e minori, anziani e persone con disabilità che assorbono l’82% delle risorse impegnate: è del +4,7% la spesa per i servizi rivolti agli anziani. L’aumento di spesa per l’assistenza ai disabili è invece al +4,1%. La spesa rimanente è dedicata per il 7,4% all’area “povertà e disagio adulti”, il 4,8% ai servizi per immigrati, rom, sinti e caminanti, in minima parte (0,3%) a interventi per le dipendenze da alcol e droga.

La quota più ampia della spesa sociale dei Comuni è assorbita dai servizi per i minori e le famiglie con figli: circa 2,8 miliardi di euro, pari al 38,2% della spesa complessiva. Le regioni del Centro sono quelle che destinano maggiori quote di spesa a quest’area di utenza (43%), in particolare l’Umbria (51,1%) e il Lazio (45,2%).

Oltre la metà di questi fondi sono destinati alle strutture (53%), in particolare asili nido e altri servizi educativi per la prima infanzia (37%),comunali o privati convenzionati, che accolgono circa il 13,5% dei bambini con meno di 3 anni.

Un’altra importante voce di spesa (il 22%) riguarda le strutture residenziali comunali e le rette pagate dai Comuni per l’ospitalità offerta a bambini, adolescenti e donne con figli in Comunità educative e centri di accoglienza.

In lieve diminuzione le risorse per il contrasto a povertà e disagio adulti: quasi la metà della spesa comunale per la povertà e il disagio adulti riguarda i trasferimenti in denaro verso le famiglie. Sono invece circa un migliaio i Comuni che finanziano i centri antiviolenza, pari al 13,2% del totale. E sono meno di 300 (3,4%) quelli che offrono l’accoglienza in case rifugio o supportano finanziariamente tali strutture. In aumento, ma ancora marginale, la spesa per i servizi ai migranti.

(di Lorenzo Attianese/ANSA)