Fiori e buio, a Pompei si svela la stanza dell’amore

Il restauro nella Casa del Frutteto nel Parco Archeologico di Pompei.
Il restauro nella Casa del Frutteto nel Parco Archeologico di Pompei. Napoli 18 Febbraio 2020 ANSA/CESARE ABBATE/

POMPEI. – Nella piccola alcova aperta sul cortile, fianco a fianco con la stanza del triclinio dove il dominus riceveva i suoi ospiti, le pareti color della notte si illuminano del rosa dei corbezzoli. Fiori così grassi e opulenti da sembrare quasi veri, tanto che qui se chiudi gli occhi sembra quasi di percepirne il profumo.

A Pompei si festeggia la fine del Grande Progetto, cinque lunghi anni di restauri e di messa in sicurezza del sito dopo la triste stagione dei crolli (anche se la chiusura vera e propria sarà a giugno con il termine degli ultimi cantieri) e l’occasione è buona per aprire al pubblico tre domus di fatto mai viste.

Come la Casa degli Amanti, chiusa da quarant’anni, l’unica nel sito campano patrimonio dell’umanità nella quale si sia salvato un piano superiore, gioiello unico che fece innamorare persino Le Corbusier, affascinato dal gioco di luci e di ombre che questa architettura così stretta alla natura sapeva offrire. O come la Casa della Nave Europa, dove un grande graffito testimonia di passati splendori.

Ma è nella Casa del Frutteto, forse “una delle più belle ville di Pompei”, come la definisce il direttore del parco archeologico Massimo Osanna, che la forza evocativa delle stanze dipinte alla gran moda di allora, colori forti che fanno da sfondo a paesaggi verdeggianti, evocazione di scene sacre, rimandi all’Egitto, e ancora fiori, frutta, animali, sbalordisce, emoziona, incanta.

Anzi, quasi fa paura, con quella sensazione di essere precipitati in un’altra dimensione temporale, trascinati indietro di millenni dalla forza di un’architettura domestica e di immagini che appaiono oggi incredibilmente vive. Merito dei restauri certo, costati lunghi mesi di studio e di fatiche (otto mesi solo la fase operativa perché prima “si è dovuto liberare i dipinti dalle cere dei precedenti interventi”), ma anche del nuovo sistema di illuminazione a led, messo a punto con la consulenza dei laboratori dell’ospedale sant’Orsola di Milano, che qui si sperimenta per la prima volta e poi verrà esteso alla Villa dei Misteri e via via agli ambienti di molte altre domus della città romana.

Tant’è, l’archeologo punta il dito e aiuta a svelare il racconto di quei colori: se il nero sulle pareti del triclinio risponde a criteri di moda, quello della piccola stanza che lo affianca, dice, evoca piuttosto il buio della notte, un paesaggio di fiori e di piante in cui troneggia centrale un albero di fico sul quale si attorciglia una serpe, immagine che è facile associare a quello che sarà poi un topos della cristianità.

Altre figure sono sulla volta, “dipinte per essere ammirate da sdraiati”, puntualizza Osanna. Perché questa piccola stanza da letto “non veniva usata per dormire”. Era una stanza per l’amore, piuttosto. Come nella vicina Casa degli Amanti, dove sono tanti i rimandi alla sensualità e all’erotismo. A partire da quella iscrizione piena di poesia che qualcuno ha graffito su un quadretto a sfondo rosso: “Gli amanti sono come le api, una vita dolce come il miele” (e pazienza se un contemporaneo buontempone vi ha aggiunto accanto un ironico “velle” ovvero “magari”) .

Che si trattasse di un bordello? Il direttore non è convinto: “Non credo, questi ambienti sono quelli di una casa”. Ma è vero, sottolinea, “che nelle domus si faceva anche altro, non era raro nemmeno il caso di padroni che facevano prostituire in casa le loro ancelle. Questo però non significa che fosse tutto un lupanare. Semplicemente era una società diversa dalla nostra, i costumi erano più liberi, senza le pruderie di noi contemporanei”.

Accanto a lui il ministro Franceschini, trascinato in lungo e in largo per i cantieri appena chiusi, sorride. Per lui è una giornata di “riscatto”, di “orgoglio italiano”, dice. Racconta che quando ha assunto per la prima volta il mandato di ministro della cultura era un venerdì, e fu accolto da due crolli a Pompei “in sequenza, uno la domenica, l’altro il lunedì”. Ci sono stati “momenti difficili ma ce l’abbiamo fatta -dice -. Anche se il lavoro qui non finisce, ci sarà da assicurare manutenzione continua, studio, ricerca”.

In piccola parte anche scavi, visto che su 60 ettari di città individuata ne restano almeno 20 sotto terra. Cinquanta nuovi ulteriori milioni sono stati stanziati per nuovi lavori. Oggi intanto si apre un’altra sfida, conclude, quella della zona che circonda il parco, “sette comuni, un territorio sconfinato pieno di problemi e di opportunità'”.

E che dire, a Pompei, questa è una realtà che ti arriva addosso appena varcati i cancelli del parco: da una parte il giardino archeologico oggi libero, pulito, senza impalcature a ingombrare le strade, dall’altra un suk di bancarelle, luoghi di ristoro, insegne, edilizia rabberciata. In città si sta costruendo un grande albergo con tanto di spa.

Lo stato, assicura Franceschini, sta ultimando il disegno di un hub ferroviario che dovrà finalmente collegare con efficienza gli scavi. Non basterà, “da fare c’è ancora tantissimo”, ammette il ministro. Nel giardino notturno della stanza dell’amore, così come nel portico della Casa degli Amanti tutto questo però si dimentica.

(dell’inviata Silvia Lambertucci/ANSA)

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