Bloomberg scala i sondaggi, prima sfida tv con i rivali

Il miliardario ed ex sincado di New York Michael Bloomberg in una foto d'archivio. (ANSA-EPA/SHAWN THEW)
Il miliardario ed ex sincado di New York Michael Bloomberg in una foto d'archivio. (ANSA-EPA/SHAWN THEW)

WASHINGTON. – Michael Bloomberg piomba sulle primarie democratiche con la forza di un uragano che minaccia di spazzare via molti candidati per la Casa Bianca. L’ex sindaco di New York continua a scalare vari sondaggi e si qualifica per l’undicesimo dibattito tv di mercoledì sera a Las Vegas, alla vigilia dei caucus in Nevada, una delle prime quattro tappe che ha deciso di saltare per partire direttamente dal Super Tuesday del 3 marzo, quando voteranno 14 Stati – tra cui California e Texax – e verrà assegnato il 40% dei delegati per la convention.

Il miliardario, nono uomo più ricco del pianeta con una fortuna di oltre 50 miliardi di dollari, comparirà per la prima volta in un confronto televisivo dopo che il partito ha cambiato le regole alzando la soglia dei sondaggi necessari ma abolendo il requisito delle donazioni, cui il magnate ha rinunciato finanziando la campagna con le proprie risorse. Una mossa che ha irritato molti candidati, a partire da Bernie Sanders e Elizabeth Warren.

Nella media dei sondaggi nazionali di RealClearPolitcs, il senatore “socialista” resta il frontrunner con il 24,8% ma Bloomberg è balzato al terzo posto col 14,6%, alle spalle di Joe Biden (17,8%). Stando però all’ultimo sondaggio Npr/Pbs NewsHour/Marist, il miliardario è addirittura secondo, pasando dal 4% di dicembre al 19%, il balzo più grande di tutti. Anche di Bernie, salito dal 22% al 31%. In altre rilevazioni statali, invece, l’ex primo cittadino della Grande Mela raggiunge Sanders (22% a testa in Virginia) o lo supera (in Arkansas), anche se per ora resta fuori dal podio sia in California che in Texas, i due Stati più popolosi e quindi col maggior numero di delegati.

Per la campagna di Bloomberg, la qualificazione al dibattito tv “è l’ultimo segno che il piano e la capacità di Mike di battere Donald Trump sta riscuotendo sempre più favore tra gli americani”. “Mike non vede l’ora di unirsi agli altri candidati democratici sul palco e spiegare perché è il miglior candidato per sconfiggere Trump e per unire il Paese”, spiega il suo campaign manager Kevin Sheekey.

Gli altri cinque candidati lo aspettano al varco, tutti pronti ad aggredire lo sfidante che finora ha speso 400 milioni di dollari in spot pubblicitari e si è sottratto alle domande di media ed elettori facendo discorsi standard di 15 minuti, spesso leggendo da un gobbo. Lui sa che sarà al centro del ring e si sta preparando da settimane, anche con dibattiti simulati. I suoi rivali sono armati con le sue parole o azioni del passato: le frasi sessiste contro le donne – è rispuntata anche una compilation di “perle” che i suoi colleghi gli regalarono nel 1980 – o le politiche discriminatorie verso le minoranze quando era sindaco, per le quali si è scusato solo ora. E l’accusa di voler comprare la nomination con la sua immensa ricchezza, come gli rimproverano non solo i suoi rivali.

“Questa non è democrazia ma plutocrazia”, gli ha gridato un manifestante a Chattanooga, Tennessee. Una plutocrazia dove il duello finale potrebbe essere tra due miliardari, pur se di stazza (fisica e finanziaria) ben diversa.

(di Claudio Salvalaggio/(ANSA)

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