Coronavirus: il contagio si espande, l’Oms evoca un rischio pandemia

Un'ambulanza preleva una sospetta di contagio da coronavirus a Padova.
Un'ambulanza preleva una sospetta di contagio da coronavirus a Padova. ANSA/NICOLA FOSSELLA

PECHINO. – Il coronavirus ha toccato in Cina il picco tra il 23 gennaio e il 2 febbraio e ha cominciato poi a calare in maniera consistente: i ricercatori dell’Oms “non hanno riscontrato cambiamenti significativi nel Dna del coronavirus”, ha notato il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus, che però ha sollecitato il mondo a prepararsi a scenari peggiori di fronte all’espandersi globale del contagio.

“Dobbiamo concentrarci sul contenimento e allo stesso tempo fare ogni cosa possibile per prepararci ad una potenziale pandemia”, ha ammesso ‘Dr Tedros’, citando quel termine tenuto a lungo nel cassetto. “Ogni Paese deve fare le sue valutazioni a seconda del proprio contesto. Anche noi lo faremo, monitorando 24 ore la situazione”, ha aggiunto, insistendo nel dire che “c’è necessità di misure cautelative, ma non di paura”, e che al momento resta ancora “un’epidemia”.

Quel che allarma però è la diffusione del contagio, che ha trovato seri focolai negli ultimi giorni. “Siamo profondamente preoccupati per l’improvviso aumento dei casi in Italia, Iran e Corea del Sud”, ha affermato il numero uno dell’ Oms nel briefing quotidiano.

“Al momento fuori dalla Cina ci sono 2.074 casi in 28 Paesi e 23 morti”. In Cina, invece, ci sono 77.362 casi e 2.618 morti: il tasso di letalità stimato dall’Oms è “del 2-4% a Wuhan e dello 0,7% fuori Wuhan”.

Del resto un primo segnale positivo è maturato quando sei province della Cina hanno abbassato il livello di emergenza sul coronavirus, portandolo da 1, il più alto, a 2 o a 3: si tratta di Gansu, Liaoning, Guizhou, Yunnan, Shanxi (un pilastro della produzione di carbone) e Guangdong (la prima per export in Cina).

La mossa segue l’invito di domenica del presidente Xi Jinping di un “ritorno ordinato” alle attività lavorative e produttive, malgrado oggi sia stato ufficializzato il rinvio della sessione parlamentare del 5 marzo per scongiurare il rischio d’epidemia. In Italia i contagi sfiorano quota 230 (con 6 morti) e in Corea del Sud, con gli altri 70 casi confermati, il totale è di 833 (con 7 vittime), il numero più consistente fuori dalla Cina.

In Iran, invece, la situazione appare incerta al punto che è diventato un caso il bilancio dei decessi salito ad almeno 50 nella sola città di Qom, in base a un dispaccio dell’agenzia semi-ufficiale Isna, poi smentito dal governo che ha drasticamente ridotto i numeri.

L’ultimo dato fornito dalle autorità di Teheran ha portato infatti a 61 il numero ufficiale dei contagiati dal coronavirus a fronte di morti fermi sempre a 12. Anche un deputato di Qom aveva parlato stamattina di almeno 50 morti solo nella sua città, accusando le autorità di “non dire la verità” sulla situazione che si sta profilando.

Alcuni funzionari pubblici iraniani, tra cui due parlamentari appena eletti nel voto di venerdì scorso, sono risultati positivi ai test e ricoverati subito in ospedale. Si tratta di due deputati di Rasht, nella provincia settentrionale di Gilan, Ali Aghazadeh e Mohammadali Ramezani. Quest’ultimo, in particolare, è segnalato in condizioni critiche.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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