Giallo sul numero di test e controlli nei Paesi Ue

Personale medico medical esamina un paziente in quarantena in un hotel di Wuhan, China.
Personale medico medical esamina un paziente in quarantena in un hotel di Wuhan, China. (ANSA- EPA/YFC CHINA)

BRUXELLES.  – Pochi, disomogenei e soprattutto gelosamente custoditi: è un panorama tinto di giallo quello dei dati sul numero dei test sul coronavirus effettuati nei diversi Paesi europei. Anche perché a volte sono condotti seguendo approcci diversi e in molti casi – ma non in quello dell’Italia – sono vincolati alla riservatezza imposta da molte capitali.

Tutti teoricamente li comunicano ai competenti servizi della Commissione Ue, la quale non è però autorizzata a renderli pubblici. A parte quello italiano, gli approcci più trasparenti sono quelli di Francia, dove sono stati effettuati solo 764 test (quasi il doppio rispetto a lunedì scorso) e Regno Unito, dove si è arrivati a 7690 tamponi. Nel caso della Germania invece non si va oltre un generico “diverse migliaia”.

Per il resto il buio è quasi totale, tanto che l’europarlamentare Dino Giarrusso (M5S) ha chiesto oggi alla Commissione, presentando un’interrogazione, di “conoscere e divulgare urgentemente i numeri concreti sulla reale proporzione di contagiati in relazione ai test sostenuti in tutta Europa”.

Quanto all’Italia, secondo gli esperti di Bruxelles e del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc), l’approccio seguito nel fare test anche agli asintomatici è “assolutamente appropriato” ma è difficile dire che il Paese ha registrato più casi perché ha fatto più controlli. Anche altri Stati hanno fatto tanti controlli. Ma sul chi, come e quanti il mistero resta fitto. Mentre anche oggi la Commissione Ue ha ringraziato l’Italia per “l’azione immediata e risoluta” messa in campo per ridurre l’impatto dei focolai.

La situazione resta quindi frammentata e in rápida evoluzione. Come dimostra il fatto che, dopo aver valutato difficile la diffusione del contagio in Europa a inizio gennaio, gli esperti dell’Ecdc hanno ora dovuto cambiare completamente opinione.

In ogni caso, una cooperazione effettiva ed efficace tra i Paesi colpiti dall’epidemia resta l’unica strada possibile per fronteggiare il fenomeno. Come le istituzioni Ue predicano fin dall’inizio poiché l’Unione, su questa materia, ha una competenza che limita il suo ad un ruolo di supporto: può coordinare e facilitare lo scambio di informazioni tra Paesi, ma non può imporre loro di prendere misure specifiche o rendere pubbliche le informazioni ricevute. Può comunicare ciò che fa, ma non ciò che sa.

Comunque anche per gli addetti ai lavori di Bruxelles il blocco delle frontiere, invocato nuovamente oggi dalla leader del Rassemblement National Marine Le Pen, “non è una misura appropriata perché i virus non conoscono frontiere”. Inoltre, “non abbiamo indicazioni che gli Stati membri europei abbiano intenzione di ricorrervi”.