Sulle tracce del coronavirus, dalla Cina all’Italia

Coronavirus, una strada deserta nel centro di Wuhan, provincia di Hubei. Cina
Coronavirus, una strada deserta nel centro di Wuhan, provincia di Hubei. Cina. EPA/TOM KUO CHINA OUT

ROMA. – Dalla Cina all’Italia, il cammino del nuovo coronavirus SarsCoV2 è stato ricostruito inseguendo le sue tracce genetiche pubblicate fin all’inizio di gennaio nelle grandi banche dati pubbliche. I dati che si sono accumulati di giorno in giorno hanno permesso di costruire le mappe genetiche del virus, le sue parentele e il modo in cui è mutato.

Unico punto interrogativo resta la sua origine: al momento non è noto quale sia stato l’animale nel quale il coronavirus dei pipistrelli abbia imparato ad aggredire l’uomo. Le sequenze genetiche, fondamenti per progettare farmaci mirati e il vaccino, di stabilire che il virus circolava in Cina già tempo prima che venissero registrati i primi casi di polmonite.

Le macchine con cui sono state ottenute sono le stesse finora utilizzate per ottenere la mappa del Dna dei tumori, in modo da seguirne le mutazioni e calibrare le terapie, e sono state modificate in modo da adattarle all’analisi del virus SarsCoV2. L’altissima precisione di queste tecniche permette di inseguire e riconoscere tutte le mutazioni del coronavirus per comprendere come si evolve.

E’ quanto ha fatto il gruppo del Politecnico di Zurigo coordinato da Tanja Stadler: basandosi su circa 100 sequenze, i ricercatori sono riusciti a risalire alla prima metà di novembre. Sempre inseguendo le tracce del materiale genetico, una ricerca italiana ha individuato l’origine del nuovo coronavirus ancora più indietro nel tempo, a partire dal periodo compreso fra metà ottobre e metà novembre.

La ricerca, basata sull’analisi di 52 genomi e condotta nell’Ospedale Sacco nell’Università Statale di Milano, è in via di pubblicazione sul Journal of Medical Virology ma è già accessibile sul sito MedRxiv. Sempre la mappa genetica del virus indica che in dicembre è avvenuta una vera e propria spinta nell’accelerazione, ma “è verosimile che tale rapidità di crescita dei casi si sia successivamente ridotta in seguito alle misure restrittive adottate in Cina”, hanno rilevato gli autori della ricerca, coordinata da Massimo Galli, Alessia Lai e Gianguglielmo Zehender.

Dalla genetica, quindi, si attendono anche risposte importanti circa l’efficacia delle misure di prevenzione in quando si tratta di dati che “non sono influenzati da possibili fonti di incertezza, come i ritardi di notifica o le sottonotifiche di nuovi casi e rappresentano quindi un importante strumento complementare all’epidemiologia classica”.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)

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