Effetto Coronavirus, al Nord si prenotano bunker: “Proteggiamo i nostri figli”

Un'infermiera al lavoro nella tenda allestita nel piazzale antistante l'ospedale di Cremona per fronteggiare l'emergenza coronavirus,
Un'infermiera al lavoro nella tenda allestita nel piazzale antistante l'ospedale di Cremona per fronteggiare l'emergenza coronavirus, Cremona 29 Febbraio 2020. ANSA / MATTEO BAZZI

ROMA. – Un cubo di cemento armato sotto terra, lontano dal Covid-19, dove la ‘distanza di sicurezza’ diventa abissale. Al Centro-Nord c’è anche chi pensa di combattere il Coronavirus chiudendosi in un bunker e arrendendosi alla psicosi. A registrare il fenomeno è un’azienda mantovana, la ‘Minus Energie’, specializzata nella realizzazione di rifugi antiatomici.

“Negli ultimi tempi c’è stato un aumento delle richieste per la costruzione di bunker: circa tre a settimana. Ordinazioni o necessità di informazioni che arrivano prevalentemente dalla pianura padana”, spiega Giulio Cavicchioli, titolare della stessa azienda, che dispone di un settore destinato ai rifugi ed ha lavorato per la Nato e l’Aviazione italiana.

Anche se in Italia costruirsi un rifugio antiatomico non è previsto dai piani regolatori, queste strutture, nonostante abbiano pronte blindate e quei parametri previsti dalla sigla ‘Nbc’ (Nucleare, Batteriologico, Chimico) vengono dichiarate come cantine.

“Per costruirne uno, che ospiti circa quattro persone, serve al massimo un mese e con una spesa media di 20mila euro. A chiedercelo, oltre ai soliti ricchi, ci sono ora tante famiglie del ceto medio, insomma risparmiatori – aggiunge Cavicchioli – e tutti mi dicono la stessa cosa: ‘Lo facciamo per la sicurezza dei nostri bambini. Abbiamo bisogno di sentirci protetti per i nostri figli'”.

E’ per questo che la richiesta è di una cellula inattaccabile: dalla ‘porta beton’ con uno spessore di 30 centimetri di cemento, agli impianti di ventilazione schermati contro le detonazioni nucleari, le cisterne d’acqua da mille litri ognuna, sistemi radio per contatti con l’esterno, i letti a castello con materiali ignifughi o le vernici senza sostanze organiche volatili.

E ovviamente scorte di medicinali e viveri a lunga scadenza, maschere antigas, un piccolo generatore di energia esterno a benzina che parte in automatico e il bagno, che in realtà è un secchio con uno specifico sacco di plastica. Tutto studiato per affrontare una catastrofe di proporzioni ben più ampie del Covid-19. Ed uscirne in genere entro decine di giorni di autonomia.

Si tratta però – secondo lo stesso costruttore – di precauzioni in questo caso “inutili se si pensa di affrontare così l’attuale emergenza del Coronavirus. Non è adeguato pensare di risolvere la pandemia con la costruzione di un rifugio e mi sembra assurdo pensare di viverci all’interno per un anno”. Ma per qualcuno la quarantena non basta e ci si nasconde una manciata di metri lontano dalla luce. Per loro, è la giusta distanza dalla paura.

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