Coronavirus e intolleranza, Ambasciatore Sannino: “Solo casi sporadici”

Ambasciatore d'Italia in Spagna, Stefano Sannino
L’Ambasciatore d'Italia a Madrid, Stefano Sannino

MADRID – Nessuna evidenza di un atteggiamento antitaliano generalizzato, alimentato dalla paura di contagio da “coronavirus”. Quelli che si sono verificati sono solo casi sporadici, isolati. Lo assicura alla “Voce” l’Ambasciatore d’Italia a Madrid, Stefano Sannino. Lo incontriamo nel suo ufficio. L’intervista era stata fissata prima ancora che sulla web circolassero, responsabile il “coronavirus”, denunce di casi di intolleranza verso cittadini italiani. L’Ambasciatore Sannino, conclusa la sua missione diplomatica dopo quattro anni di intensa attività, si recherà a Bruxelles per una nuova sfida. Dal bilateralismo al multilateralismo. Infatti, Josep Borrell, capo della diplomazia europea, lo ha nominato Vicesegretario di Economia del Servizio Europeo per l’Azione Esterna. Un incarico di prestigio e assai delicato. L’intervista, quindi, aveva per oggetto tracciare un bilancio di quattro anni a capo della delegazione diplomatica italiana in Spagna. In pochi giorni, però, le circostanze sono cambiate. E il “coronavirus” è balzato agli onori della cronaca anche a Madrid. Accusati di essere gli “untori”, le denunce di casi di intolleranza nei confronti di connazionali, anche se isolate, hanno destato preoccupazione in seno alla nostra comunità. Per questo, la prima domanda non può non essere che sul “coronavirus” e i riflessi sociali e psicologici sugli italiani residenti nel Paese.

– C’è preoccupazione in seno alla nostra Collettività. Se ne sono fatti eco, con una lettera a lei indirizzata, i Circoli del Pd in Spagna: il “Sandro Pertini” di Madrid e il “Rita Levi Montalcini” di Barcellona. Su Repubblica è stato diffuso l’appello accorato di una signora, madre di due bambini, in quarantena in un albergo di Tenerife, che vorrebbe essere rimpatriata. Sul quotidiano “Verona Sera” è stata pubblicata la denuncia di un giovane maltrattato da due spagnoli. Su Facebook e sugli altri social network, si segnalano manifestazioni di insofferenza nei confronti di connazionali. Cosa stanno facendo, o possono fare l’Ambasciata e l’intera rete consolare per tutelare gli italiani e gli italo-spagnoli?

– Prima qualche riflessione di carattere generale – commenta l’Ambasciatore -. Innanzitutto, credo che bisogna stare molto attenti e fare tutto quanto è possibile per limitare la diffusione del virus. Ma è ugualmente necessario evitare il senso di panico che sta provocando questa situazione. Mi sembra evidente che ormai tutto l’ambito scientifico abbia sottolineato che sono due le questioni che preoccupano. In primo luogo, la rapidità del contagio. Una persona riesce a infettarne due. Ciò crea enormi difficoltà. Comunque bisogna tener presente che il coronavirus si può curare. E questo va detto. Naturalmente è necessario contare su strutture ospedaliere capaci di garantire l’assistenza sanitaria indispensabile. Credo, quindi – aggiunge -, che bisogna essere molto cauti.  E non arrivare agli estremi di pensare che se t’infetti col coronavirus muori il giorno dopo. Non è così. Perché questa premessa? Per dire che bisogna inquadrare lo sforzo che è stato fatto finora in questo contesto. Ovvero, volto soprattutto a contenere il contagio. Da qui le forme di quarantena. Questo schema si applica in circostanze come, appunto, quelle riscontrate nell’Hotel di Tenerife. Cosa sta facendo l’Ambasciata? Innanzitutto, va precisato che in quarantena non ci sono solo cittadini italiani ma anche di altre nazionalità. Siamo in contatto permanente con le strutture della Farnesina. In particolare, con l’Unità di Crisi per poter avere da loro indicazioni su quelle che sono le decisioni prese a livello centrale, in seno al governo.

Avverte che le notizie che si diffondono, in particolare attraverso i social network, “non sempre sono veritiere”. E “generano molta preoccupazione e ansia”.

– Noi – assicura – abbiamo contattato tutti i connazionali che alloggiano nell’Hotel di Tenerife. La maggior parte di loro vuole terminare senza problemi la quarantena. Altri, addirittura, hanno espresso la loro disponibilità a restare a Tenerife anche dopo perché, dicono, ci stanno bene. Poi, effettivamente, ci sono casi di connazionali che manifestano più ansia. Per trovare una soluzione alla loro situazione siamo in contatto con la Farnesina. Noi non abbiamo altri strumenti oltre, appunto, il contatto telefonico costante e l’offerta di sostegno di ogni genere. La procedura individuata dalle autorità spagnole prevede che il giorno prima che finisca la quarantena alle persone verrà fatto l’ultimo tampone. Se non hanno sintomi e il tampone risulta negativo potranno partire tranquillamente.

– Qual è il messaggio che lei si sente di inviare ai connazionali preoccupati per i casi di intolleranza denunciati sui social network?

– Per ora – rassicura – sono casi isolati, sporadici. Non abbiamo nessuna evidenza di un atteggiamento antitaliano da parte sia della popolazione sia, tantomeno, delle autorità spagnole. Anzi, quest’ultime continuano ad esserci molto vicine e a lavorare in stretto contatto con quelle italiane. Ci sono riunioni permanenti anche a livello europeo a forma di coordinamento leggero. Ricordiamo che la sanità resta una competenza nazionale. Ci sono dei limiti a ciò che può fare, in questo momento, l’Unione Europea.

Ribadisce che “è fondamentale limitare il contagio” e sottolinea nuovamente:

– Ritengo che, per la mia esperienza a Madrid, non ci siano manifestazioni generalizzate di intolleranza.

– Danni a livello commerciale e, più in generale, alle relazioni economiche tra Italia e Spagna?

–  Sono da valutare – ammette con franchezza -. Le aziende italiane non hanno segnalato elementi particolari di preoccupazione. Bisognerà capire la durata del fenomeno e l’impatto che avrà. Più in generale, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Unione Europea. Si verificherà una contrazione che oscillerà tra lo 0,5 e l’1 per cento. È ancora troppo presto per una valutazione.

 

Un bilancio della missione diplomatica

Chiudiamo il capitolo riguardante il “coronavirus” e apriamo quello che poi, in realtà, è la vera ragione di questa intervista. L’Ambasciatore Stefano Sannino, tra qualche settimana, lascerà Madrid per recarsi di nuovo a Bruxelles. La sua missione diplomatica in terra iberica è ormai arrivata a termine, per questo gli chiediamo una riflessione sul lavoro svolto fino ad oggi.

– Il bilancio è estremamente positivo – assicura -. C’è un po’ l’idea che Italia e Spagna siano fratelli o cugini di primo grado…

– A volte anche tra fratelli e cugini non corre buon sangue…

– Non direi proprio che sia il caso dell’Italia e della Spagna – afferma sorridente -. Non voglio assecondare questo mito, però certamente le due società, quella italiana e quella spagnola, si conoscono bene, interagiscono con grande facilità, si amalgamano con grande facilità, fanno affari con grande facilità e sviluppano attività culturali e sociali con grande facilità. È questo un enorme patrimonio. Senza voler appunto entrare nella mitologia – prosegue -, credo che sia un aspetto importante da sottolineare. Gli scambi Erasmus e quelli universitari; il livello dell’interscambio economico che ha raggiunto ormai i 47, 48 miliardi di euro; il volume degli investimenti, sono tutti segnali assai chiari: indicano come la Spagna sia un paese a cui l’Italia guarda molto. E lo fa per vicinanza geografica, affinità culturale e anche somiglianza linguistica.

Sostiene che nei quattro anni trascorsi in Spagna si è impegnato “a rafforzare questi vincoli; a lavorare molto sul collegamento tra le due società civili”.

– Soprattutto tra i giovani – indica -. Abbiamo cercato di creare delle opportunità che permettessero loro di conoscersi, di sviluppare progetti comuni e di avere opportunità di lavoro. Non parliamo di grandi numeri – ammette -, ma sono esempi significativi di collegamento. É di qualche giorno fa la seconda edizione di “Un viaggio tra Italia e Spagna”, un’iniziativa che riguarda il design. Sette ragazzi e ragazze spagnoli – spiega – sono stati selezionati per presentare progetti, la cui realizzazione è stata affidata a sette importanti aziende italiane, presentati nel FuoriSalone, evento che si realizza in contemporanea con il Salone del Mobile di Milano. Abbiamo cercato di sviluppare questi collegamenti in maniera tale da creare un nesso assai forte. Lo stesso abbiamo fatto con chef, sommelier, giovani artisti e anche con i laboratori di fabbricazione digitale e all’interno del settore agroalimentare.

“Un viaggio tra Italia e Spagna”, premiati e organizzatori del concorso giunto alla sua seconda edizione (Foto cortesia: Ambasciata d’Italia a Madrid)

Non nasconde che il suo lavoro è stato reso difficile dalla confusione politica che ha caratterizzato i due Paesi.

– Durante questi quattro anni – spiega -, abbiamo avuto molta turbolenza politica sia in Italia sia in Spagna. I due paesi hanno avuto quattro governi. Per cui, cambiava tutto molto rapidamente. Questo ha reso più complesso il rapporto nell’ambito politico. Ho l’impressione che finalmente ci siamo avviati ad una collaborazione a livello governativo più intensa. Nel giro di poco tempo, abbiamo avuto la visita del ministro degli Esteri e della ministra dell’Interno. Nei prossimi giorni dovrebbero venire il ministro dell’Economia e quello degli Affari Europei. Spero che si rivitalizzi rapidamente il “Foro di Dialogo Italo-Spagnolo”, che mette insieme le due società civili, le componenti economiche e quelle commerciali. E che si possa arrivare finalmente al “Vertice Italo-Spagnolo” che non si tiene ormai da sei anni. Lo considero molto importante. Non solamente per il rapporto bilaterale, ma anche per il contesto europeo che si è fatto molto più complesso, molto più difficile.

Sostiene che Italia e Spagna hanno interessi comuni in molti dossier. Quindi, a suo giudizio, il Vertice Italo-Spagnolo rappresenta un’occasione per lavorare assieme e “portare una posizione ragionata e comune all’interno dei convegni europei”

– L’abbiamo visto nel Consiglio Europeo di qualche giorno fa durante il quale si è parlato del progetto di bilancio settennale dell’Unione Europea – aggiunge -. Italia, Spagna e Portogallo hanno avuto una posizione comune nella difesa di politiche in settori come la migrazione, l’ambiente, la lotta al cambio climatico e l’economia digitale. Queste sono le frontiere su cui dovrà cimentarsi l’Unione Europea.

– In una intervista precedente concessa al nostro Giornale sosteneva che un blocco tra paesi mediterranei avrebbe dato maggior peso ai paesi del Sud Europa nei confronti di quelli del Nord Europa. Gli incontri in agenda tra Italia e Spagna potrebbero trasformarsi in una spinta verso un’alleanza più stretta tra paesi con realtà e interessi comuni?

– Non parlerei di blocco ma di una rappresentazione più forte di quelli che sono gli interessi dei paesi mediterranei – ci corregge -. L’Unione Europea è la sintesi di posizioni non necessariamente omogenee. Ma deve essere la sintesi degli interessi di tutti. L’ho detto e continuerò a dirlo. L’Unione Europea deve rappresentare tutti gli Stati membri.

È convinto che le nazioni del Mediterraneo, se vorranno essere ascoltate, dovranno presentarsi con un discorso coerente e comune.

 

Difficoltà e soddisfazioni

Quattro anni, tanti sono quelli trascorsi in Spagna dall’Ambasciatore Sannino. Un periodo non facile per l’Italia e per la Spagna sia a livello politico, sia per quanto riguarda l’economia e i malesseri sociali. Chiediamo al nostro Ambasciatore di illustrarci i momenti più difficili e anche quelli di maggior soddisfazione vissuti durante la sua missione diplomatica nel Paese…

L’Ambasciatore Sannino con Pietro Mariani e Andrea Lazzari del Comites di Madrid

– Certamente complessa e difficile è stata la gestione del cambio della politica migratoria in Italia: la chiusura dei porti e tutto ciò che ne è derivato – confessa -. Però, è proprio nei momenti difficili in cui poi scopri quanto si possa fare per cercare di riavvicinare le posizioni, per smussare gli angoli, per far comprendere meglio certi atteggiamenti. Devo dire che in Spagna ho sempre trovato disponibilità e apertura a livello sia politico sia istituzionale. Nella misura del possibile, c’è sempre stata la volontà di ascoltare e di cercare punti d’incontro.

Lo sguardo, per un attimo, si perde nei ricordi. Nell’arioso ufficio del secondo piano di Palazzo Amboage, regna il silenzio. Un istante di riflessione, poi l’Ambasciatore riprende:

– I momenti più belli, sinceramente, sono quelli che abbiamo già ricordato. Ad esempio, osservare l’anno scorso, nel cortile dell’Università di Milano, accanto ai grandissimi architetti del design, i progetti dei giovani disegnatori italo-spagnoli e spagnoli. È stato molto bello, molto emozionante. È stato un piccolo seme che sta dando dei frutti. Lo scorso anno furono tre giovani, quest’anno sono diventati sette. Speriamo che il numero continui a crescere.

 

Tra multilateralismo e bilateralismo

L’Ambasciatore Sannino, che parla correttamente inglese, francese e spagnolo, dal 2013 al 2016 è stato Rappresentante Permanente d’Italia presso l’Unione Europea a Bruxelles. Un’esperienza nell’ambito delle relazioni multilaterali, assai diversa da quella vissuta in Spagna. Multilateralismo e bilateralismo, due mondi dalle caratteristiche differenti. Quali? Lo chiediamo all’Ambasciatore Sannino. Sorride:

– Io vengo dal mondo multilaterale europeo – spiega -. È quella un po’ la mia la mia base, l’area in cui mi sono formato, specializzato. In Spagna sono passato alla gestione delle relazioni bilaterali tra due paesi che si conoscono già da molto tempi. Mi sono dovuto adattare a quello che è il ruolo di un’Ambasciata. Ricordo sempre due conversazioni al mio arrivo. Una persona mi chiese a cosa servisse un’Ambasciata in Europa quando già i ministri si vedono e i presidenti di governo s’incontrano. In fondo, mi disse, basterebbe un grande consolato che si occupasse degli italiani. Un’altra persona, invece, mi chiese per quale cosa avrei voluto essere ricordato alla fine del mandato. Questi due stimoli, uno un po’ provocatorio, l’altro più esortativo, mi hanno aiutato a focalizzare in maniera più chiara la missione che potevo svolgere. Mi spiego. C’è una base che è normale ed è naturale: l’aspetto consolare e la tutela dei cittadini, l’ambito commerciale e la direzione politica. C’è uno zoccolo di relazioni che qualunque Ambasciatore, qualunque Ambasciata è chiamata a gestire. C’è poi quel qualcosa che caratterizza la tua missione e per il quale speri di essere ricordato.

Spiega che in questi quattro anni ha cercato di concentrarsi su tre aspetti in particolare.

– Il primo – precisa -, costruire un rapporto più forte tra le due società e opportunità per i giovani. Abbiamo individuato alcuni settori sui quali lavorare. Si è creato, così – prosegue -, un piccolo vivaio di persone che hanno sviluppato rapporti con l’Italia. Per loro, la relazione con l’Italia è importante.

Ci dice che il secondo aspetto su cui si è impegnato è stato quello di trasformare l’Ambasciata in un luogo aperto. Cioè, avvicinare all’Ambasciata quei settori che tradizionalmente la considerano distante.

– In un certo senso è così – facciamo notare -. Dopotutto l’Ambasciata si occupa dell’aspetto politico. Le relazioni con la comunità le cura il Consolato.

– Appunto – ammette -. Proprio per questo mi sono preoccupato di avvicinare l’Ambasciata alle persone. Molti giovani ignorano che Consolato e Ambasciata possono offrire loro qualcosa. E, soprattutto, che possano essere istituzioni utili per lo sviluppo dei loro progetti.  Siamo andati in strada a conoscere e a farci conoscere. Lo dico al plurale perché questo è uno sforzo collettivo che ha fatto tutto il team dell’Ambasciata.  Abbiamo cercato di trasformare la nostra sede diplomatica a Madrid in un centro di riferimento per tutti coloro che avevano qualcosa da dire, da discutere o da dibattere: dalle grandi tematiche riguardanti l’uguaglianza, ai diritti delle donne, dalle questioni del collettivo LGBTQ agli aspetti più culturali come le presentazioni di libri. Abbiamo cercato di trasformare l’Ambasciata in un centro a cui tutti potessero rivolgersi avendo un’idea e avendo bisogno non solo di uno spazio fisico ma anche di uno spazio mentale.

Il terzo aspetto è stato consolidare la collaborazione tra Italia e Spagna guardando all’Europa. È, questo, un tema che l’Ambasciatore Sannino conosce e che tiene molto a cuore. Ci dice:

– È interessante osservare come, quando esci da determinati circuiti, la Spagna, Paese super-europeista, conosce ben poco dell’Europa. Ad esempio, quando vai all’università a parlare con i giovani e a dibatte sull’Europa, ti rendi conto che non tutti hanno le dovute conoscenze. E scopri che ci sono anche tanti pregiudizi.

– Come in Italia, anche in Spagna c’è molto provincialismo…

– Non è provincialismo. – esclude -.  Direi che è mancanza di conoscenza. Forse è responsabilità delle istituzioni europee che non hanno fatto sforzi sufficientemente efficaci per aprirsi alle persone. Per la maggioranza dei cittadini l’Europa è una dimensione molto lontana, inaccessibile, fumosa, poco chiara. Bisogna fare pedagogia.

L’Ambasciatore Sannino, poi, confessa che parte del proprio tempo libero lo ha speso per la difesa dei collettivi LGBTQ.

– La Spagna – commenta – è un paese molto aperto da questo punto di vista. C’è un consenso sociale attorno ai temi della libertà individuale, della libertà affettiva. Ho cercato di dare una mano soprattutto alle parti più deboli del collettivo. Ad esempio, al settore delle persone transessuali. È stato un impegno personale. È bello, soddisfacente, poter assumere la responsabilità in prima persona e aiutare chiunque a ritrovare la propria dignità. Soprattutto, è bello aiutare a far conoscere realtà che sembrano lontane. E che invece ci sfiorano tutti i giorni.

 

Un incarico prestigioso

Da Ambasciatore d’Italia a Madrid  a  Vicesegretario di Economia del Servizio Europeo per l’Azione Esterna. È stato Josep Borrell, capo della diplomazia europea, a nominarlo. Ciò dimostra quanto sia stato apprezzato, dalla “politica” spagnola, il lavoro svolto in questo paese.

L’Ambasciatore Sannino col capo della diplomazia europea Josep Borrell

 

– Lei andrà a Bruxelles, si aspettava un incarico così prestigioso?

– Non è che mi aspettassi nulla – indugia -. Devo dire che con il ministro Borrell abbiamo lavorato molto bene insieme e mi sento molto riconoscente per la sua sensibilità. In tanti momenti, è stato di grande aiuto nella gestione del rapporto con l’Italia. Ammetto che, anche personalmente, mi fa molto piacere poter lavorare sotto la sua direzione.

Afferma che questa nuova sfida concilia le sue due vite professionali: “quella del diplomatico e quella del funzionario delle istituzioni europee”.

Per concludere questa lunga conversazione, chiediamo al nostro Ambasciatore cosa si porterà dalla Spagna. La risposta è immediata: “tanti amici”. Poi, assicura:

– Non vado via dalla Spagna, solo lascio l’Ambasciata. Questo Paese è parte della mia vita, non fosse altro perché ho un marito spagnolo. Cosa mi porto… – indugia, per poi affermare:

– Amici che sono diventati dei nuclei familiari aggiuntivi. Tanti – insiste -. Ecco, mi porto un bagaglio di amicizie e di affetti molto, molto forti. Mi porto l’esperienza di vivere a Madrid, una città straordinaria. Ha una energia incredibile. Soltanto uscire per strada ti mette di buon umore. Mi porto la vitalità del paese e mi porto un’amicizia straordinaria: Raffaella Carrà. L’ho conosciuta qui. Penso che abbia fatto tantissimo per i rapporti tra Italia e Spagna. È stato bellissimo conoscerla.

Mauro Bafile