Medici volontari: “Eroi sono i pazienti, non noi”

Un medico vicino a paziente nell'Unità di Terapia Intensiva dell'ospedale di Brescia.
Un medico vicino a paziente nell'Unità di Terapia Intensiva dell'ospedale di Brescia.. Ansa/Filippo Venezia

ROMA. – La violenza del virus si può combattere solo con un atto di empatia, di solidarietà verso gli altri colleghi e pazienti: mettersi a disposizione. Ne è convinto Francesco D., infettivologo, 32 anni, uno dei giovani medici che ha aderito al bando della Protezione Civile per la ricerca di personale sanitario per l’emergenza coronavirus, dando la disponibilità dal 10 aprile.

Le adesioni hanno superato le 7mila e sono trasversali per fasce di età, dai più giovani ai medici con moltissimi anni di esperienza professionale alle spalle.

“Dobbiamo essere tutti solidali – spiega Francesco all’Ansa – abbiamo davanti a noi qualcosa di cui non immaginavamo la violenza. Abbiamo sentito in questi giorni i racconti dei colleghi che sono in special modo in Lombardia nelle zone più colpite, Cremona, Milano, Pavia e le altre province come Bergamo e Brescia: parlano di una situazione difficilissima, di turni massacranti. Cercano di fare il massimo. Ma è giusto offrire sempre e comunque il migliore servizio possibile al paziente. È il paziente la nostra bussola, è per questo che indossiamo il camice”.

“Non vogliamo però- sottolinea Francesco- essere considerati eroi: i veri eroi sono i pazienti, chi sta subendo questo disagio è un eroe. È troppo difficile pensare che non possano avere un abbraccio o la dignità di un funerale. Noi siamo dei privilegiati, perché siamo custodi della cosa più importante: gli affetti delle persone, le mamme, i papà, i figli, i mariti. Con serenità e grande attenzione dobbiamo metterci a disposizione”.

Ad aver aderito al bando, che permette anche di indicare dei periodi temporanei di permanenza nelle strutture più colpite diverse da quella di appartenenza, e’ anche Claudia M., giovane dottoressa di 29 anni, specialista in igiene e medicina preventiva.

“La Protezione Civile è stata molto brava a semplificare la procedura, digitalizzandola e rendendola velocissima nella compilazione, permettendo la flessibilità di poter dare il proprio contribuito anche per un periodo breve, anche solo per far rifiatare i colleghi ormai stremati.”

“Ma non bisogna dimenticarsi anche degli infermieri e agli altri operatori sanitari impegnati al pari dei medici, -prosegue – è necessario supportare anche loro. Io, come Francesco, ho fatto esperienze in Africa: per mia storia personale non mi fa paura partire e andare. Questa è la nostra professione, siamo chiamati a questo non a qualcos’altro. È nel Dna stesso della professione. Tra l’altro in questi casi non serve molto per partire: basta uno spazzolino”.

(di Elida Sergi/ANSA)