Coronavirus in Italia: terzo giorno con meno malati, ma più morti

Coronavirus: Autoambulanza della Croce Rossa raccoglie infermiere da trasportare all'Ospedale Papa Giovanni XXIII, Roma.
Coronavirus: Autoambulanza della Croce Rossa raccoglie infermiere da trasportare all'Ospedale Papa Giovanni XXIII, Roma. ANSA/CLAUDIO PERI

ROMA. – “Imploriamo tutti gli italiani a rimanere a casa”: è quasi una preghiera quella che il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri rivolge ai cittadini nel giorno in cui, per la terza volta consecutiva, l’incremento del numero dei nuovi malati da Covid-19 in Italia fa segnare una flessione.

Una preghiera ma anche un monito, perché la curva non si è ancora invertita e siamo ancora in piena emergenza, come dimostrano purtroppo le 743 vittime in un solo giorno, 402 delle quali in Lombardia. Un dato in controtendenza rispetto a domenica e lunedì, quando i morti erano stati rispettivamente 651 e 601, e secondo solo ai numeri del 22 marzo, il ‘sabato nero’ in cui in tutta Italia si sono registrate 793 vittime.

“E’ ancora presto per fare previsioni sulla fine di questa emergenza, ma sono sicuro che ne usciremo grazie all’impegno di tutti gli italiani” ripete non a caso il premier Giuseppe Conte annunciando l’ennesimo provvedimento dal 23 di febbraio, un Dpcm che inasprisce le sanzioni per chi viola i divieti con multe da 400 a 3mila euro.

Perché la priorità è sempre la stessa: ridurre al minimo indispensabile gli spostamenti per evitare che il contagio si diffonda al sud. Al momento i numeri sembrerebbero confermare quella che è la tendenza degli ultimi giorni: i malati complessivi sono 54.030, con un incremento di 3.612 casi in 24 ore; un dato in calo sia rispetto a lunedì, quando la crescita è stata di 3.780 nuovi positivi, sia a domenica, quando si sono registrati 3.957 casi.

Una fotografia nazionale che rispecchia i numeri della regione più colpita dall’emergenza: la Lombardia ha infatti registrato 958 nuovi casi mentre lunedì erano 1.025.

E il bollettino quotidiano della Protezione Civile conferma anche un’altra tendenza, una crescita contenuta – e dunque gestibile per il momento – dei nuovi casi nelle regioni centromeridionali: 131 malati in più nel Lazio, 118 in Sicilia, 78 in Puglia, 63 in Campania.

Ma se l’imperativo è quello di fare di tutto per bloccare il contagio – e su questo fronte il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli ha annunciato che si sta lavorando anche ad introdurre test più veloci ed estremamente affidabili per diagnosticare la presenza del virus – la priorità è anche quella di garantire la massima sicurezza a chi, personale sanitario in testa, deve comunque continuare ad assicurare i servizi essenziali.

Aspetto di cui ha parlato il commissario straordinario Domenico Arcuri, annunciando che entro 3 giorni arriveranno le prime mascherine ‘made in Italy’. Il commissario snocciola i numeri dello sforzo fatto finora: +64% di posti in terapia intensiva, quadruplicati i letti in ospedale per i malati di Covid 19, consegnati 825 ventilatori polmonari di cui 322 in Lombardia. Ma non solo: servono 90 milioni di mascherine al mese e circa la metà saranno prodotte da 80 aziende della moda riconvertite a tempo di record.

Il governo ha inoltre messo sul tavolo altri 50 milioni per le imprese che intendano riconvertirsi nei prossimi giorni e passare alla produzione di dispositivi di protezione individuale. “Fra tre giorni inizieremo a fare le mascherine – assicura il manager -. Per dotare l’Italia delle munizioni che ci servono per evitare la totale dipendenza dall’estero”.

Importazioni che nelle prossime 8 settimane saranno in gran parte dalla Cina, che ha garantito 8 milioni di mascherine Ffp2-3 e 6 milioni di quelle chirurgiche. E dopo i 300 medici, Arcuri ha anche annunciato l’arrivo nelle regioni più colpite – sempre su base volontaria – di 500 infermieri.

“La stragrande maggioranza degli italiani sta rispettando le misure di contenimento ma dobbiamo fare in modo che l’emergenza non si diffonda. Il sud è il fronte decisivo”. Da qui la preghiera e il monito a stare a casa. “Siamo usciti migliori dopo la seconda guerra mondiale – conclude il commissario – possiamo farlo anche da questa emergenza”.

(di Matteo Guidelli e Luca Laviola/ANSA)