La Turchia chiede 18 ergastoli per l’omicidio Khashoggi

L'editorialista saudita del Washington Post Jamal Khashoggi parla con il telefonino durante il Foro Economico di Davos, Immagine d'archivio.
L'editorialista saudita del Washington Post Jamal Khashoggi parla con il telefonino durante il Foro Economico di Davos, Immagine d'archivio.(ANSA/AP/Virginia Mayo,)

ISTANBUL.  – Diciotto ergastoli per l’omicidio di Jamal Khashoggi e condanne per due fedelissimi del príncipe ereditario saudita Mohammed bin Salman. A un anno e mezzo dalla brutale uccisione del giornalista nel consolato di Riad a Istanbul, la Procura generale della metropoli sul Bosforo mette la parola fine alle indagini e presenta il suo atto d’accusa.

I magistrati turchi hanno chiesto una condanna all’ergastolo aggravato – una sorta di 41 bis – per 18 presunti membri dello squadrone della morte inviato dal Regno per mettere a tacere l’editorialista del Washington Post. Sono accusati di essere stati direttamente implicati nel delitto avvenuto il 2 ottobre 2018, cui avrebbero partecipato con diversi ruoli ma tutti “in modo premeditato, facendo uso di metodi barbari”.

Tra loro c’è anche Salah Mohammed al-Tubaigy, il medico legale a capo dell’unità forense che sarebbe stato incaricato dopo l’uccisione di fare a pezzi il corpo del reporter saudita, i cui resti non sono mai stati ritrovati.

Nell’atto d’accusa firmato dal procuratore generale Iran Fidan finiscono anche due fedelissimi del principe Mbs, che secondo gli inquirenti turchi avrebbero coordinato le operazioni da Riad: il suo ex consigliere e responsabile della comunicazione Saud al-Qahtani e l’ex numero due dei servizi segreti Ahmed al-Assiri. Anche per loro chiedono condanne per aver “deliberatamente e crudelmente istigato un omicidio di primo grado”. Per Hatice Cengiz, la fidanzata di Khashoggi e l’ultima persona a vederlo in vita fuori dalla sede diplomática saudita, si tratta di un “buon passo verso la giustizia”.

Nessuno degli accusati si trova però in Turchia. L’Arabia Saudita ha seccamente respinto le richieste di estradizione formulate in passato da Ankara, escludendo di lasciar giudicare all’estero i propri cittadini. Nel primo processo a Riad, concluso a dicembre, 5 degli 11 imputati sono stati condannati a morte e altri 3 a pene minori.

Ma gli osservatori internazionali non l’hanno ritenuto credibile né trasparente. In passato il Regno aveva anche respinto le richieste di ulteriori indagini e processi avanzate dalla relatrice speciale dell’Onu Agnes Callamard, che nel suo rapporto puntava a sua volta il dito sul probabile coinvolgimento del principe saudita.

E al momento per il processo in Turchia non è neppure fissata una data. La giustizia per Jamal Khashoggi appare ancora lontana.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)