Ragazzi del mondo insieme nel segno della Speranza

Primo Incontro Mondiale della Gioventù sul Coronavirus
Primo Incontro Mondiale della Gioventù sul Coronavirus. (VaticanNews)

ROMA. – Hanno iniziato a connettersi, poco a poco. Piccole immagini, alcune più pixelate di altre, rivelando gli occhi di primo mattino dei giovani del Messico, fino alle luci della notte dei ragazzi del Giappone. Un mosaico di volti, tutti giovani, ha inondato lo schermo… e le cuffie: “Ciao!”, “Kon’nichiwa!”, “Bonjour!”, “Alo”, “Olá!”.

Saluti e grida di gioia si mixavano in un’aria che lasciava trapelare caos e paura. È stato lanciato così il Primo Incontro Mondiale della Gioventù sul Coronavirus, per dare modo ai ragazzi di condividere ciò che sta accadendo al proprio Paese e alle proprie famiglie.

Un momento promosso dalla Fondazione pontificia Scholas Occurrentes, lanciata da papa Francesco come rete educativa globale, oggi presente in 190 Paesi: la sua missione è l’integrazione di tutti gli alunni del mondo tramite proposte tecnologiche, sportive e artistiche, con l’obiettivo di educare alla “cultura dell’incontro”.

E mentre una situazione senza precedenti sta coinvolgendo centinaia di Paesi di tutto il mondo a causa della pandemia da Covid-19, gettando giovani e adolescenti nella paura, proprio ora la “cultura dell’incontro” è vista come più che mai necessaria.

E’ per questo motivo che – attraverso la sede romana di Scholas, a Palazzo San Calisto, nel cuore di Trastevere – giovani di 60 città come Miami, Maputo, Santo Domingo, Roma, Madrid, Port-au-Prince, Lisbona, Asunción del Paraguay, Barranquilla, Buenos Aires, Tokyo, Città del Messico, Barcellona, Setagaya-ku, Porto, La Plata, Napoli, Tampa, Vigo, Panama, Bucarest, Cascais, Monterrey, Medellín, e molte altre, si sono riuniti per creare un cyber-spazio che possa far bene alle menti e allo spirito.

Durante l’incontro tutti i giovani coinvolti hanno potuto ascoltare la realtà che i loro coetanei vivono in altri Paesi, condividendo i propri sentimenti, non senza paura e confusione, ma con un forte desiderio di empatia e solidarietà.

“Dobbiamo restare nelle nostre case per prevenire e prenderci cura di noi stessi. Anche se qui il virus non è ancora arrivato, dobbiamo proteggerci. Ci sono molte persone che vogliono uscire… Sembra che non ci sia consapevolezza di ciò che sta accadendo, ma è perché non conoscono la gravità del virus”, dice Celestino, dal Mozambico.

E come questo, sono tanti gli appelli alla responsabilità che vengono dalle testimonianze condivise. Dominique, di Haiti: “Qui siamo preoccupati. Se stanno soffrendo i Paesi che in genere sono pronti a resistere a questo tipo di crisi, immaginando Haiti, crediamo di non esser pronti. Quindi se hai l’opportunità di aiutare qualcuno, fallo. Questo è il momento di mostrare solidarietà”.

Tante le manifestazioni di empatia e solidarietà: “È giunto il momento di rivendicare la cultura dell’incontro che Scholas difende”, afferma Sergio, dalla Spagna.

“Vedo sempre qualcosa di positivo in tutto, ed è ciò che stiamo condividendo; non abbiamo perso la rete di comunicazione, e questa è la cosa più importante. Sebbene siamo in un momento di crisi, siamo ancora in piedi; non come amici o conoscenti, ma come la grande famiglia di Scholas”, sono le parole di Brayan, di Panama.

“Possiamo continuare a lavorare per il bene comune”. “Scholas è una boccata d’aria in questo momento, unisce pezzi di cuore sparsi in tutto il mondo. E’ speciale. Grazie per continuare a farmi vivere emozioni che non potrò mai trasmettere a parole”, spiega Sonia, di Palermo.

Questo primo incontro virtuale globale ha come attività conclusiva la condivisione di parole e idee attorno alle quali continuare a generare un dialogo continuo. vengono condivise parole come fraternità, sacrificio, coraggio, solidarietà, famiglia, fragilità, empatia, incertezza, confusione, comunicazione.. Ma due sono le parole ripetute costantemente e di cui si respira il desiderio: “speranza” e “incontro”.

All’ora della chiusura, quando nessuno dei giovani vuole ancora disconnettersi, José María del Corral, co-fondatore della rete mondiale Scholas insieme a Enrique Palmeyro e Jorge Bergoglio, dice ai ragazzi: “Oggi avete creato il miglior vaccino, e gli avete dato un nome: Speranza”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)