Coronavirus: test rapidi a tutti e riavvio in tre fasi

Proteggi te, e tuteli gli altri. Messaggio all'ingresso del palazzo sede della Regione Lombardia.
Proteggi te, e tuteli gli altri. Messaggio all'ingresso del palazzo sede della Regione Lombardia. (ANSA)

ROMA. – Un’indagine a larga scala sulla popolazione utilizzando test rapidi sierologici, che indichino cioè chi ha sviluppato anticorpi al nuovo coronavirus, per avere il polso reale della diffusione del contagio. A questo sta lavorando l’Istituto superiore di sanità (Iss), mentre già si pensa ai piani per la ‘riapertura’ del Paese e delle attività.

Un riavvio che, dopo la proroga delle misure di contenimento almeno a dopo Pasqua, secondo gli esperti dovrà avvenire in modo scaglionato per tipologia di attività e per Regioni. In vista della ripartenza, però, fondamentale è riuscire ad avere un quadro reale dei casi di positività e anche di chi è certamente guarito avendo sviluppato anticorpi al virus SarsCov2.

Ma per fare indagini ampie di questo tipo sulla popolazione, ha spiegato il presidente Iss Silvio Brusaferro alla conferenza stampa all’Istituto per fare il punto epidemiologico sull’epidemia di Covid-19, “servono test più rapidi per la ricerca degli anticorpi”.

I test con tamponi, infatti, richiederebbero tempi più lunghi ed un’organizzazione complessa. Dunque, ha annunciato, “stiamo pensando di fare questo tipo di indagine e stiamo mettendo a punto le tecnologie per poterlo fare. Stiamo cioè lavorando per poter fare a stretto giro un’indagine di prevalenza sierologica”.

Infatti, “avere una stima in tempi rapidi su un campione significativo della popolazione è molto importante per avere una stima reale dei casi, mentre ad oggi dobbiamo accontentarci di modelli”.

Intanto, ha confermato Brusaferro, si valutano le misure che dovranno essere prese in vista del riavvio del Paese, mirate ad “evitare che la curva possa risalire”. Dunque, ha chiarito, “stiamo prendendo in esame varie misure, dobbiamo capire quando la curva decrescerà e poi, tutti assieme, dovremo cominciare a muoverci individuando modalità che ci consentano di riprendere le attività”.

E proprio in vista della ripresa un primo obiettivo è tutelare le realtà più fragili: “Ad esempio per le residenze di anziani Rsa – ha evidenziato – certamente dovremo essere rigidissimi, perché lì si concentra il target ideale del virus. Per le Rsa dovremo essere strettissimi per molto tempo”.

Sul riavvio, quindi, il dibattito è aperto. Con una certezza da parte del mondo scientifico: non è tanto il ‘quando’ ma il ‘come’ avverrà la ripartenza che farà la differenza. A spiegarne le ragioni è il virologo dell’Università di Padova Andrea Crisanti: “Una riapertura del Paese e delle varie attività è realisticamente pensabile per la fine di maggio ma ciò solo se i dati indicheranno una reale inversione di tendenza e se si sarà messo a punto un indispensabile piano di procedure di sicurezza”.

Secondo l’esperto, la riapertura andrà scaglionata per tipologia di attività produttive e anche su base regionale, ma “senza un piano di sicurezza, sono convinto che l’epidemia ricomincerà”. E’ una posizione condivisa dalla comunità scientifica, afferma, che ha anche fatto un appello al governo: “Senza misure mirate è altamente probabile che i contagi ricomincino”.

Il piano di sicurezza pensato dall’esperto è articolato su 3 livelli:

1) Dpi: “Innanzitutto i dispositivi di protezione individuale, che andranno garantiti adeguatamente a tutti gli operatori sanitari ma anche ai lavoratori, con mascherine di protezione elevata”.

2) la diagnostica: bisognerebbe prevedere un piano di test tampone per tutti i lavoratori alla riapertura delle varie attività e aziende. I test andrebbero successivamente ripetuti a campione, ad esempio sul 30% dei dipendenti dell’azienda. Se ci sono casi positivi si procede immediatamente all’isolamento e il test si ripete su tutti i lavoratori. Ciò vale pure per gli insegnanti delle scuole.

3) App: la tracciabilità dei dipendenti, anche con app, “per individuare subito i contatti in caso di positività”.

La riapertura, sottolinea, “andrebbe inoltre scaglionata, prima le attività essenziali e poi il resto, e andrebbe fatta scaglionando anche per Regioni. Ad esempio, le Regioni con meno casi e più isolate, come Sicilia e Sardegna, potrebbero sperimentare per prime tale modello di riavvio”.

Insomma, conclude l’esperto, “più che il quando è cruciale il come: se non si investirà su un concreto piano di sicurezza credo che, purtroppo, i contagi potranno ricominciare anche dopo una fase di calo marcata”.

(di Manuela Correra/ANSA)

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