Migranti: condannati i Paesi che non aiutarono l’Italia

Migranti a bordo di un gommone semiaffondato di fronte alla costa di Lampedusa. Immagine d'archivio.

BRUXELLES.  – A cinque anni di distanza giustizia è fatta, almeno sulla carta. Perché i Paesi che non aiutarono l’Italia e la Grecia, quando nel 2015 i migranti sbarcavano a decine di migliaia sulle loro coste, non dovranno pagare alcunché.

La Corte europea ha condannato l’Ungheria, la Polonia e la Repubblica Ceca per aver “rifiutato di conformarsi al meccanismo temporaneo di ricollocamento dei richiedenti asilo”.

Ma al di là dello stigma morale, all’atto pratico i tre Paesi non rimedieranno a quanto fatto: non possono infatti conformarsi alla sentenza, dato che i due schemi di ridistribuzione sono ormai scaduti e la Commissione europea, nel suo ricorso, non ha previsto multe. Per ottenere una compensazione finanziaria servirebbe un nuovo processo.

Bruxelles però si sforza di lanciare un messaggio positivo. “La decisione è importante perché fa chiarezza sulla responsabilità degli Stati membri, e guiderà il nostro lavoro per il futuro”, spiega un portavoce dell’Esecutivo, insistendo: “La sentenza chiarisce che la politica di asilo dell’Ue è governata dal principio di solidarietà e di giusta condivisione della responsabilità tra gli Stati membri”.

Insomma, si prova a guardare avanti. L’obiettivo è il nuovo Patto per l’asilo, che dovrebbe essere presentato dopo Pasqua, come ha indicato la presidente Ursula von der Leyen, che tuttavia, nel corso della stessa conferenza stampa, ha dovuto ammettere di essere “preoccupata” per la situazione in Ungheria, per le misure straordinarie varate da Viktor Orban per far fronte al coronavirus.

Misure che il ministro degli Esteri lussemburghese Jean Asselborn, nelle ultime ore, ha bollato come “dittatoriali”, decisamente niente di promettente per la democrazia e la solidarietà in Europa.

Sulla base di queste premesse non è difficile immaginare che Polonia e Ungheria, già sotto accusa in Europa per lo stato di diritto, potrebbero fare di nuovo da ostacolo sulla strada verso una gestione solidale dei migranti e farsi ancora beffa dell’Europa e dei suoi valori, domani come allora.

Quando sui 160 mila trasferimenti di profughi decisi dall’Ue per allentare la pressione su Italia e Grecia, la Polonia indicò di poterne accogliere 100, senza mai dare seguito all’annuncio. Lo stesso fece la Repubblica ceca per 50, mentre l’Ungheria non diede mai alcuna disponibilità.

(di Patrizia Antonini/ANSA)