Il n.1 Liga: “Il calcio ripartirà, Italia attenta”

Leo Messi del Barcellona affronta a Virgil Van Dijk del Real Madrid in un partito fra le due squadre spagnole.
Leo Messi del Barcellona affronta a Virgil Van Dijk del Real Madrid in un partito fra le due squadre spagnole. (ANSA/EPA)

MILANO. –     “Penso che i campionati nazionali e le coppe europee potranno finire”. Javier Tebas, il presidente della Liga, studia “24 ore su 24” come far ripartire il calcio in sicurezza nell’emergenza coronavirus, chiarisce che cancellare la stagione “non è un’opzione sul tavolo”, e pare ancor più sicuro del fatto che il calcio spagnolo soffrirà meno di quello italiano.

“La Serie A ha un livello di indebitamento elevato, il doppio di Liga e Bundesliga con un giro d’affari inferiore. La sua situazione economica è molto più complicata, la soluzione non può essere Messi. E non credo andrà via”, osserva Tebas, in coda a quasi due ore di videoconferenza con una quindicina di testate di tutto il mondo, liquidando le suggestioni sull’approdo del capitano del Barcellona all’Inter.

“Comunque la Liga anche senza Cristiano Ronaldo ha aumentato i ricavi da diritti tv. Pure in Portogallo. La competizione non cambia per le stelle, ci sono altri aspetti per farla crescere”, predica il manager che nel 2018 sarebbe diventato ad della Lega Serie A, senza i veti incrociati dei club.

A Madrid fanno comunque i conti con prospettive preoccupanti. “Se non torniamo a giocare l’impatto sarà di circa 1 miliardo, se giocheremo a porte chiuse 300 milioni e 150 milioni con il pubblico”, calcola di Tebas che ha già incassato dalle tv “quasi il 90% per quest’anno. Se non si riparte dovremmo restituire dei soldi. Ma se si gioca a porte chiuse i broacaster non possono chiedere uno sconto, avrebbero anche un’audience superiore”.

Nelle sue previsioni i club spagnoli non ricominceranno gli allenamenti prima del 26 aprile, e si stanno preparando dei “protocolli molto estesi”, con test periodici e spogliatoi isolati, da condividere con le altre leghe, perché “il problema è globale”.

Il n.1 della Liga non accenna a giocare in autunno, ma delinea i tre scenari su cui si lavora con Uefa ed European Leagues, mentre la Fifa è pronta ad adeguare il sistema dei trasferimenti.

“Il più probabile”, spiega, prevede la ripartenza il 28 maggio, alla Liga basterebbe un mese per concludersi, Champions ed Europa League si disputerebbero a luglio. Il secondo sposta il via al 6 giugno, per campionati e coppe, che andrebbero al traguardo di pari passo. Ultima possibilità è ripartire il 28 giugno, con le coppe ad agosto.

Non mancano le incognite, al di là della pandemia. “Alcuni club – conferma – in estate hanno programmato di ristrutturare gli stadi e sarà difficile che ci possano giocare”. Ad esempio il Real. Di sicuro per ora si parla di giocare a porte chiuse, per il futuro “potrebbe ridursi la quantità di biglietti in vendita”.

Per salvaguardare il futuro del calcio, devono calare anche i costi. Saltata l’intesa con il “sindicato” dei calciatori, secondo Tebas “i club raggiungeranno accordi individuali, con in media una riduzione del salario del 20% se non si gioca, del 10% se si gioca a porte chiuse”.

C’è anche una lista di soluzioni che Tebas scarta: “cambiare i format creerebbe grandi problemi”, il fair play finanziario deve restare immutato, “nessun club può approfittare della crisi per non pagare, o si rischia un effetto domino”, e la Superlega “amplificherebbe la crisi”.

“Dibattito sterile” è poi quello su come gestire la classifica se non verrà concluso il campionato prima di avere certezze. “Ora genererebbe solo conflitti di interesse come sta succedendo in altri Paesi”. E in Italia fischiano di nuovo le orecchie a più di un club.

(di Paolo Cappelleri/ANSA)

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