Aiuti “su misura” dall’industria alle partite Iva

Un auto nella catena di montaggio dello stabilimento della Fca-Fiat a Pomigliano.
Un auto nella catena di montaggio dello stabilimento della Fca-Fiat a Pomigliano. (ANSA)

ROMA. – Artigiani e professionisti. Piccole imprese, magari a conduzione familiare, e grandi fabbriche. É un vero e proprio cordone di sicurezza quello che il governo cerca di stendere attorno alle attività economiche italiane, duramente colpite dall’emergenza Coronavirus, tra serrande abbassate, cancelli chiusi, operai in cassa integrazione, blocchi dell’export e calo inevitabile dei consumi interni, fatta eccezione per gli alimentari.

Per cercare di evitare una moria delle attività, soprattutto tra le aziende chiuse che rischiano di non riaprire, il decreto “salva-imprese” oltre a liberare, insieme al decreto Cura Italia, circa 750 miliardi di liquidità, congela, di fatto, i fallimenti e “sterilizza” le norme del Codice civile che impongono, in caso di forti perdite, la messa in liquidazione delle società sane prima dell’epidemia. In più rinvia a settembre 2021 il nuovo codice per le crisi.

Con il Cura Italia era già arrivata una prima tranche di aiuti, tra stop a tasse e mutui e primi sostegni alla liquidità grazie al Fondo centrale di Garanzia, che ora, con una dote che salirà a fine anno a 7 miliardi, potrà aprire il suo ombrello alle imprese fino a 499 dipendenti e concedere prestiti fino a 5 milioni.

Al Fondo si potranno rivolgere imprenditori, artigiani, autonomi e professionisti per chiedere sia la rinegoziazione di vecchi prestiti sia nuovi finanziamenti, che si cominceranno a pagare tra due anni (24 mesi).

Per i prestiti fino a 25mila euro (o comunque entro il limite del 25% dei ricavi), ci sarà la garanzia pubblica al 100% e la procedura sarà rapida e quasi automatica perché non ci saranno valutazioni dei merito del credito e le banche potranno erogare i prestiti senza attendere il preventivo via libera del Fondo. Basterà in sostanza “dimostrare di avere la partita Iva”, come ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli.

Anche le medie attività avranno una chance di ottenere garanzie al 100% (di cui 90% dello Stato e 10% dei Confidi) se chiederanno prestiti fino a 800.000 euro, senza valutazione dell’andamento attuale ma basandosi sui conti dello scorso anno, mentre chi arriverà a chiedere fino a 5 milioni avrà la copertura pubblica del 90%.

Questo schema, così come quello pensato per le grandi imprese attraverso Sace, avrà bisogno comunque di un preventivo ok di Bruxelles, che dovrebbe essere rapido: una volta pubblicato il decreto “salva-imprese” in Gazzetta Ufficiale e partita la notifica potrebbero bastare 24 ore per avere il via libera dell’Antitrust Ue che, con le comunicazioni di inizio aprile sugli aiuti di Stato ha aperto alla possibilità, súbito sfruttata dall’Italia, di concedere garanzie fino al 100%.

Per le grandi imprese entrerà quindi in campo Sace, la società di Cdp che però passa sotto l’indirizzo del Mef, che coprirà con le garanzie tra il 70% e il 90% dei prestiti, secondo le dimensioni dell’impresa: per quelle con meno di 5.000 dipendenti in Italia e fatturato sotto 1,5 miliardi la garanzia sarà al 90% e con procedura semplificata.

Scenderà all’80% per imprese con oltre 5.000 dipendenti e fatturato fra 1,5 e 5 miliardi e al 70% per chi ha fatturato sopra i 5 miliardi. In questo caso per tutti, oltre al limite del 25% dei ricavi, andranno rispettati altri vincoli, tra cui lo stop ai dividenti per 12 mesi, l’accordo con in sindacati sui livelli occupazionali e la destinazione del finanziamento a spese per le attività produttive in Italia.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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