Coronavirus, Cei: “Aiuti a famiglie, imprese, autonomi”

ROMA. – “‘Nessuno deve perdere lavoro per il coronavirus’ è stato lo slogan ripetuto all’indomani della crisi: è fondamentale che questo appello abbia successo, evitando le conseguenze negative di breve e medio termine. Sono auspicabili misure di aiuto a famiglie ed imprese che sappiano fare attenzione a proteggere tutti, soprattutto le categorie solitamente più fragili e meno tutelate come i lavoratori autonomi, gli irregolari o quelli con contratti a tempo determinato”.

E’ l’appello dei vescovi italiani a chi regge la cosa pubblica nel loro Messaggio per il Primo Maggio, quest’anno ancora nel pieno della pandemia. Nel testo, però, su “Il lavoro in un’economia sostenibile”, l’episcopato va anche oltre.

“Costruire un’economia diversa non solo è possibile, ma è l’unica via che abbiamo per salvarci e per essere all’altezza del nostro compito nel mondo”, afferma.

“Per ridare forza e dignità al lavoro”, proseguono i presuli, “dobbiamo curare la ferita dei nostri profondi divari territoriali. Non esiste una sola Italia del lavoro, ma ‘diverse Italie’, con regioni e zone vicine alla piena occupazione (…) e regioni dove il lavoro manca e costringe molti a migrare”.

“Dobbiamo altresì avere il coraggio – aggiunge il Messaggio – di guardare alla schizofrenia del nostro atteggiamento verso i nostri fratelli migranti: sono sfruttati come forma quasi unica di manovalanza, a condizioni di lavoro non dignitose in molte aree del Paese”.

E se “l’emergenza sanitaria porta con sé una nuova emergenza economica”, è corposo l’elenco di quelli per cui “nulla sarà più come prima”: famiglie con vittime, operatori sanitari, mondo del lavoro, settori economici andati in sofferenza, realtà del Terzo settore.

“Già prima dell’emergenza del CoVid-19”, osservano i vescovi, si è assistito a “un continuo susseguirsi di emergenze sul fronte del lavoro e dei cambiamenti climatici. Si tratta di emergenze correlate, al punto che in alcuni casi (come per l’ex Ilva di Taranto) prospettano l’ingiusto dilemma di dover sacrificare un problema per cercare di risolvere l’altro”.

In realtà, “quello che l’attualità ci sta chiedendo di affrontare, senza ulteriori ritardi o esitazioni, è una transizione verso un modello capace di coniugare la creazione di valore economico con la dignità del lavoro e la soluzione dei problemi ambientali (riscaldamento globale, smaltimento dei rifiuti, inquinamento)”.

Quelle dell’episcopato, tra l’altro, non solo solo parole. Un aiuto straordinario è stato infatti disposto dalla Chiesa italiana per sostenere persone e famiglie in situazioni di povertà o di necessità, enti e associazioni che operano per il superamento dell’emergenza provocata dalla pandemia, enti ecclesiastici in situazioni di difficoltà.

Ruota attorno a queste destinazioni la somma che la Presidenza della Cei stanzia per contribuire a far fronte alle conseguenze sanitarie, economiche e sociali provocate dal Covid-19: un importo straordinario di 200 milioni di euro, provenienti dall’otto per mille e recuperati dalla finalità a cui erano stati destinati, essenzialmente l’edilizia di culto.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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