Conte vede luce verde Ue. Ma nella maggioranza nodo Mes

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea.
Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea. (Ufficio Stampa presidenza del Consiglio/Filippo Attili)

ROMA. – A Palazzo Chigi si cammina sui carboni ardenti in vista di un possibile accordo nell’Eurogruppo. Il premier Giuseppe Conte, alla vigilia della riunione decisiva per l’attivazione di un piano europeo anti-virus, intravede una “luce verde” nel dibattito in Ue.

La linea dura, portata avanti anche in queste ore, secondo fonti della maggioranza potrebbe portare i suoi frutti sul sì dei falchi al fondo di solidarietà proposta dalla Francia, da finanziare con debito comune europeo. Ma serve tempo. E, nel frattempo, potrebbe essere inevitabile che l’Italia sia costretta, in qualche modo, ad accettare il Mes.

Di tutto questo Conte, poco prima dell’ora di cena, parla con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con il titolare del Mef Roberto Gualtieri e con il sottosegretario Riccardo Fraccaro. Si tratta, di fatto, di un vertice squisitamente politico con il titolare della Farnesina che da un lato ribadisce la massima fiducia nell’azione di Conte, ma dall’altro mette sul tavolo la linea del M5S.

Una linea durissima rispetto al Mes. Anche per questo a Conte tocca mettere in campo una strategia bifronte: da un lato l’obiettivo è ammorbidire le posizioni dei falchi del Nord, a cominciare dalla cancelliera Angela Merkel. Dall’altro il premier è chiamato convincere la parte più consistente della sua maggioranza a dire sì ad un accordo che contenga pure l'”odiato” fondo salva stati.

Nella sua azione esterna il premier mantiene una linea rigidissima. Torna a parlare ad una testata teutonica – questa volta la popolarissima Bild – mettendo nero su bianco che, se non saranno allentate le regole del bilancio, per l’Europa sarà la fine. Nell’atteggiamento con i suoi alleati l’exit strategy prevede un jolly: il fatto che il Mes sia inserito nell’accordo dell’Eurogruppo non significa che venga applicato visto che la sua attivazione non è obbligatoria.

E, difficilmente, questo governo la chiederà. Ma, per ora, al M5S, non può bastare. Serve un Mes che sia “ultraleggero” nelle condizionalità. In caso contrario anche le timide aperture che si intravedono in una parte dei vertici del Movimento andranno in fumo. Anche perché, come spiega una fonte di maggioranza, un minuto dopo “l’accordo Matteo Salvini ci farà campagna elettorale contro”.

Il tema, insomma, è soprattutto legato alla comunicazione. Perché al momento l’Italia non ha ancora firmato il Mes, che va comunque ratificato dalle Camere. Punto, quest’ultimo, sul quale resta tra l’altro il rebus della tenuta dei gruppi M5S. Domani, prima dell’Eurogruppo, Conte, Gualtieri e Di Maio torneranno ad aggiornarsi.

Per il premier la giornata è spigolosa. A ora di pranzo un vertice con i capidelegazione certifica le diverse sensibilità in seno al governo sul dossier delle aperture. Sulla gradualità c’è un sostanziale accordo ma su come applicarla le posizioni divergono (con Roberto Speranza che spinge per la linea di massima prudenza) e devono, tra l’altro, fare i conti con il crescente pressing degli industriali per la ripresa delle attività.

A complicare il quadro arriva il grido d’allarme del numero uno dell’Anci Antonio Decaro. “O arrivano 5 miliardi ai Comuni o si interrompono i servizi”, sbotta il sindaco di Bari prima di lasciare anzitempo la conferenza unificata tra Anci e Mef.

Nelle stesse ore Cgil, Cisl e Uil tornano a chiedere, con tanto di lettera indirizzata a Palazzo Chigi, un incontro a Conte sulle riaperture. L’incontro ci sarà ma, al momento, dell’istituzione di una cabina di regia permanente, chiesta da giorni dai Dem, non si vede l’ombra.

(di Michele Esposito/ANSA)

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