Venezuela, la “tempesta perfetta”

Pobres buscando alimentos

È ormai una realtà accettata anche dal governo del presidente Nicolás Maduro. Il Covid-19 non risparmia proprio nessun Paese. Tantomeno quelli per i quali l’igiene, causa la carenza d’acqua, è più una speranza che una possibilità. Fino ad oggi, secondo cifre ufficiali, i decessi sono appena 9 mentre i contagi 189. Sono informazioni che, vista la realtà di altri paesi e la reticenza manifestata dal governo al momento di offrire qualunque tipo di dati o informazioni, seminano dubbi e incertezze. D’altronde sono le stesse Nazioni Unite ad esprimere perplessità e a manifestare che nel Paese non esistono apparecchiature mediche “né strutture ospedaliere preparate ad affrontare la pandemia”. In un documento datato il 10 aprile, avvertono dell’insufficienza di posti letto, di personale sanitario, di sale di terapia intensiva e di respiratori, di materiale per la protezione di medici, infermieri ecc., di tecnologia biomedica e di medicine.

La quarantena, in un paese in cui si vive alla giornata, è virtuale. Il governo ha deciso di prolungare lo “Stato d’Emergenza”. Ma, in sostanza, nulla è cambiato. Soprattutto nei quartieri più umili, dove i rifiuti si accumulano giorno dopo giorno per la mancanza di un servizio di nettezza urbana efficiente, la gente non rispetta i due metri di distanza consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Salute e dal buon senso. Le strade, poi, continuano a mostrare il viavai quotidiano e le lunghe file di uomini, donne e bambini, con mascherine improvvisate i più, che attendono le autobotti per riempire secchi d’acqua da portare a casa o furgoni con bombole di gas. Né Caracas, né le altre città del Paese, piccole o grandi che esse siano, sono dotate di un efficiente servizio di gas in casa.

Il governo non riesce ad assicurare neanche quello elettrico e quello idrico. Tantomeno un efficiente servizio di trasporto pubblico. L’automobile o la moto restano il principale veicolo per muoversi da un estremo all’altro delle città. Ma per farlo, si sa, è necessaria la benzina. E ironicamente il Venezuela, produttore di petrolio, non ne ha. Da qui le lunghe file di automobilisti e motociclisti in attesa di poter farne rifornimento nelle stazioni di servizio. Ma spesso, le ore e ore di fila sotto il sole risultano inutili.

Opec, accordo storico

L’Opec ha annunciato un accordo definito “storico”. La produzione di greggio, in un mondo inondato di petrolio a causa della pandemia che ha rallentato, quando non posto in ibernazione l’attività economica, si ridurrà a 9,7 milioni di barili al giorno a maggio e giugno. L’intesa, che come ha detto Trump salverà decine di migliaia di posti di lavoro, arriva dopo una settimana di trattative serrate. Ogni membro dell’Opec farà la sua quota di sacrificio. Stati Uniti, Brasile e Canada contribuiranno con un taglio complessivo di 3,7 milioni di barili. Il Venezuela, invece, manterrà il suo volume: 750mila barili di petrolio al giorno. Ma questo tetto, ammesso che sia vero che il Paese riesca ancora a produrre tale quantità, una volta tolti i barili destinati all’esportazione, non è sufficiente a soddisfare la domanda interna. Inoltre, il prezzo del barile di petrolio, stimato in appena una quindicina di dollari, non permetterà al Paese di acquistare tutti i beni di consumo e medicine necessari a soddisfare il fabbisogno nazionale.

 

Il Venezuela, e di questo il Covid-19 non è responsabile, si trova di fronte ad una “tormenta perfetta”. La sua economia, come denunciato da economisti ed esperti in materia, da anni soffre gli effetti della contrazione drammatica e insistente del Prodotto Interno Lordo. Negli ultimi 6 anni si è ridotto a meno della metà.

L’unica fonte di ricchezza, la vendita di greggio ai mercati internazionali, ha subito una diminuzione da attribuire a fattori interni ed esterni. La corruzione, l’incompetenza, la mancanza di manutenzione hanno ridotto a livelli inimmaginabili la capacità produttiva del Paese. Prima del ventennio “chavista” il Venezuela superava i tre milioni di barili di petrolio al giorno. Oggi la holding petrolifera nazionale è capace di produrne appena poco più di 700mila. La contrazione dei prezzi del greggio, provocata dalla paralisi produttiva dei centri industrializzati a causa delle quarantene decretate per arginare la pandemia, hanno ridotto drasticamente gli introiti. Il paese ha smesso di ricevere valuta in quantità sufficiente.

Carenza di denaro per l’importazione di generi alimentari e medicine da distribuire a prezzi politici – leggasi, “borsas clap” – alla popolazione più vulnerabile, mancanza di benzina per la distribuzione dei pochi prodotti che ancora il paese riesce a generare o di quelli importanti e per il trasporto pubblico, unico mezzo a disposizione di molti venezuelani per raggiungere i posti di lavoro. Un cocktail esplosivo di cui il governo è senza dubbio cosciente e che potrebbe portare ad ulteriori repressioni.

Mauro Bafile

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