Coronavirus: attesa per App tracciamento. Ue: “Standard sia comune”

Schermo di smartphone con l'indicazione del tracciamento..
Schermo di smartphone con l'indicazione del tracciamento.. EPA/ZSOLT CZEGLEDI HUNGARY OUT

ROMA. – Uno standard paneuropeo, volontarietà, raccolta dei dati in forma anonima e aggregata nel rispetto delle leggi sulla privacy. L’Ue torna a ribadire i suoi capisaldi nei giorni in cui molti paesi, compresa l’Italia, stanno studiando un’app di tracciamento del coronavirus.

Nel nostro paese, la scelta della task force tecnologica sotto la guida della ministra dell’Innovazione Paola Pisano, avrebbe messo in pole position l’applicazione del fisico Luca Foresti basata sul bluetooth, ma adattabile anche al Gps. La decisione ultima, attesa a ore, spetta al Governo affiancato dagli esperti di Colao (che propende per la tecnologia Gps) impegnati sul dossier della ripartenza della Fase 2.

I tempi però stringono e oggi è scaduto anche il termine per la presentazione a Bruxelles delle ‘cassette degli attrezzi’ elaborate dagli Stati membri per trovare un coordinamento a livello europeo. E l’Ue è tornata a fissare i suoi paletti: rispetto della privacy, dati raccolti in forma anonima e aggregata, consenso volontario a scaricare l’app.

Per Bruxelles l’adozione di uno standard paneuropeo garantisce l’interoperabilità tra paesi e la condivisione dei risultati, in un’ottica di efficienza delle politiche comuni di sanità pubblica, e ricorda che all’app vanno affiancate “altre misure come l’aumento delle capacità di test”.

Sembra ormai scontato che anche l’Italia – dove già sono proliferate tante iniziative regionali – si doterà di un’app per il tracciamento. Il lavoro della task force della ministra Pisano si è chiuso la scorsa settimana e sembrerebbe convergere sull’app messa a punto da Foresti del Centro Medico Santagostino in partnership con Bending Spoons e Jakala.

Il progetto presentato prevede l’uso del bluetooth, caldeggiato sia dall’Ue sia dal nostro Garante Privacy, Antonello Soro, ed eventualmente può essere adattato al Gps. Il bluetooth, generando ‘chiavi numeriche’, garantirebbe infatti l’anonimato, lasciando i dati sensibili sul cellulare stesso impedendone la memorizzazione su server esterni.

Se un utente risulta contagiato, ad esempio, chi è entrato in contatto con lui riceve un alert senza però conoscere l’identità del malato.

Altro meccanismo su cui si sta dibattendo, è quello alla base del Gps, che grazie ai satelliti permette di conoscere la posizione di un soggetto mappandone la longitudine e la latitudine. Strumento ‘invasivo’, dunque, ma di sicuro anche più impreciso nei luoghi chiusi.

E la delicatezza della questione privacy, ovviamente, non può non vedere coinvolta la politica: “Continuiamo a leggere indiscrezioni su un’app, occorre una norma e il coinvolgimento del Parlamento”, dice infatti la responsabile Innovazione del Pd Marianna Madia.

Ma l’app per il tracciamento del contagio non è l’unica allo studio. Ci sarebbe anche quella che comprende il modulo di autocertificazione, con l’idea di dotare i cellulari dei codici “QR” in sostituzione dei certificati cartacei (ma la decisone spetta al Viminale) e un’app – come spiega la ministra dei Trasporti Paola De Micheli – che eviti assembramenti sui mezzi di trasporto.

(di Titti Santamato e Marianna Berti/ANSA)

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