Usa 2020: spunta il terzo incomodo tra Trump e Biden

L' ex deputato repubblicano del Michigan Justin Amash,.
L' ex deputato repubblicano del Michigan Justin Amash,. (ANSA/EPA/MICHAEL REYNOLDS)

WASHINGTON.  – Spunta il terzo incomodo per Donald Trump e Joe Biden, all’indomani dell’endorsement di Hillary Clinton all’ex vicepresidente.

É Justin Amash, 40 anni, ex deputato repubblicano del Michigan diventato indipendente la scorsa estate dopo essere stato il primo esponente del suo partito a chiedere l’impeachment del tycoon per il Russiagate, votando poi – único tra i non democratici – quello per l’Ucrainagate.

Dopo mesi di riflessioni, ora ha annunciato la nascita di un comitato esplorativo per la presidenza come candidato del partito libertario, che terrà la sua convention a fine maggio in Texas. Coronavirus permettendo. “Gli americani sono pronti per una presidenza che ripristini il rispetto per la nostra costituzione e unisca la gente”, ha twittato.

Sarcastica la risposta di Trump: “penso sarà un candidato meraviglioso, specialmente da quando è molto indietro nel suo distretto e non ha alcuna chance di mantenere il suo posto al Congresso. Comunque ha quasi sempre votato per i democratici fannulloni. Mi piace anche di più di Jill Stein!”, ha twittato, riferendosi all’ex candidata presidenziale dei Verdi.

Figlio di immigrati arabi cristiani (padre palestinese, madre siriana), laureato in legge, sposato e con tre figli, Amash entra nel 2008 al parlamento del Michigan sull’onda del Tea party. Due anni dopo sbarca a Capitol Hill, dove diventa uno degli esponenti più libertari della Camera, anche come fondatore del Freedom Caucus, e uno dei repubblicani più critici di Trump, bollato come un “bullo infantile”.

Predica uno Stato leggero, il taglio della spesa federale e della tasse, una riduzione dei poteri governativi di sorveglianza e dell’intervento americano all’estero, è contro l’aborto, l’Obamacare, l’accordo di Parigi sul clima, la pena di morte federale ma a favore delle nozze gay.

Gli esperti si chiedono se la sua discesa in campo danneggerà più Trump o Biden ma concordano sul fatto che potrebbe intercettare i voti sia di certi repubblicani più tradizionalisti frustrati dal tycoon sia dei democratici insoddisfatti dal vecchio Joe.

Se il candidato del partito libertario avrà l’alto profilo di Amash potrebbe essere una mina vagante per entrambi: nel 2016 il nominee Gary Johnson, ex governatore del New Mexico, conquistò oltre 4 milioni di preferenze, oltre il 3% del voto nazionale. Una percentuale che potrebbe essere determinante, soprattutto in Stati in vilico come il Michigan, “home state” di Amash.

Intanto Biden, sempre più incalzato dall’ombra delle accuse di aggressione sessuale della sua ex assistente Tara Reade quasi 30 anni fa, ha incassato l’endorsement dell’ex segretario di stato Hillary Clinton, con cui aveva lavorato nel primo mandato di Obama.

“Sono stata non solo una collega ma anche un’amica di Joe, adesso serve un leader, un presidente come lui, per mettere fine al disprezzo della legge e delle istituzioni da parte dell’ attuale inquilino della Casa Bianca”, ha detto Hillary in un town hall virtuale insieme all’ex vicepresidente.

“Pensate che differenza farebbe avere in questo momento un vero presidente invece di qualcuno che fa finta di esserlo in tv”, ha accusato, denunciando i passi falsi di Trump nel gestire le sfide poste dall’emergenza coronavirus. Sfide che rappresentano “il momento della resa dei conti per creare quell’America che vogliamo”, ha ammonito, definendo il voto di novembre “un referendum sul futuro che vogliamo”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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