Meno neve nel 78% delle aree montane del mondo, soffrono le Alpi orientali

Un'immagine d'archivio del 23 febbraio 2018 mostra due sdraio all'esterno di una malga a Passo Rolle (Tn)
Un'immagine d'archivio del 23 febbraio 2018 mostra due sdraio all'esterno di una malga a Passo Rolle (Tn). ANSA/ ROBERTA MARROLLO

BOLZANO. – L’emergenza coronavirus ha fatto passare in secondo piano l’attenzione ai cambiamenti climatici, che hanno tempi più lunghi rispetto a quelli di una pandemia, ma il cui impatto non è meno dirompente. Un nuovo segnale d’allarme arriva uno studio di Eurac Research di Bolzano dal quale risulta che, nel 78% delle aree montane di tutto il mondo, c’è meno neve.

Lo studio, elaborato sulla base dei dati raccolti dal 2000 al 2018, fornisce per la prima volta una mappa della copertura nevosa a livello globale. La mappa evidenzia come ci siano zone che risentono dei cambiamenti climatici in misura maggiore. In Sudamerica, ad esempio, più di venti parametri mostrano una tendenza in peggioramento.

Anche se in Italia ci si può consolare con una situazione che, sulle Alpi, appare meno grave, non si può ignorare il fatto che il settore orientale sia maggiormente in sofferenza. In particolare, anche l’Alto Adige segue un andamento simile, con durata della neve in diminuzione e un marcato ritardo nell’avvio della stagione invernale.

“Dopo un inverno poco nevoso, stiamo vivendo una primavera fortemente anticipata. Negli anni gli effetti di questi fenomeni si sommano e allora sì che diventano ben visibili”, spiega Claudia Notarnicola, vicedirettrice dell’Istituto per l’osservazione della Terra di Eurac Research e autrice dello studio.

L’analisi di quasi vent’anni di immagini satellitari in alta risoluzione, misure a terra e modelli di simulazione mostra un quadro preoccupante soprattutto in alta quota. Sopra i 4.000 metri, infatti, tutti i parametri osservati, sono in peggioramento.

Negli ultimi anni le aree montane hanno destato molta attenzione perché sono considerate sentinelle dei cambiamenti climatici; a partire dai 1500-2000 metri l’aumento della temperatura è raddoppiato rispetto alla media generale e cresce con l’altitudine. Una mappa globale dell’andamento della neve negli ultimi vent’anni, come quella elaborata da Eurac Research, offre un quadro della situazione permettendo di confrontare quanto avviene in aree diverse del mondo.

“Nel 78% delle aree osservate la neve è in calo – osserva Notarnicola – la durata della neve, inoltre, è variabile e questo dipende più dalla fusione precoce in primavera che non dal fatto che la prima neve cada solo ad inverno avanzato. Sopra i 4000 metri, infine, la maggior parte dei parametri osservati peggiora: aumenta la temperatura, diminuisce l’estensione della superficie nevosa, calano le precipitazioni, la neve fonde prima”.

“La mappa mostra anche zone in cui la copertura nevosa è aumentata, in Russia, ad esempio. Questo apparentemente è un buon segno, ma in realtà è dovuto ad un aumento delle temperature che, pur restando sottozero, aumentano di qualche grado. Questo, in combinazione con l’umidità dell’aria, favorisce la formazione della neve”, conclude Notarnicola.

(di Giuseppe Marzano/ANSA)

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