Minneapolis brucia, arrestato l’agente “killer” di Floyd

Un manifestante passa con la bandiera statunitense davanti ad un negozio in fiamme in Minneapolis, durante le proteste per l'uccisione dell'afroamericano George Floyd,
Un manifestante passa con la bandiera statunitense davanti ad un negozio in fiamme in Minneapolis, durante le proteste per l'uccisione dell'afroamericano George Floyd, (AP Photo/Julio Cortez)

WASHINGTON.  – “Minnesota Burning” è il titolo a caratteri cubitali di qualche giornale. E la città di Minneapolis brucia, in preda all’incontenibile esplosione di rabbia di tante persone scese in strada per dire no al razzismo e alla violenza della polizia.

A distanza di ore ancora divampano le fiamme della terza notte di disordini, di guerriglia urbana. Le proteste per chiedere giustizia per George Floyd, l’afroamericano morto per mano di un poliziotto, si sono ormai trasformate in vera e propria rivolta, spesso degenerata in violenze, saccheggi, atti vandalici. Una situazione che rischia di finire del tutto fuori controllo e che ha richiesto l’intervento della Guardia Nazionale, con cinquecento uomini schierati per evitare il peggio.

Mentre per placare gli animi Derek Chauvin, l’agente che ha provocato la morte di Floyd, è stato arrestato. Lo chiamano l’agente killer: nel video shock che ha sconvolto l’America e il mondo intero lo si vede mentre col suo ginocchio preme sul collo di una persona inerme, immobilizzata a terra e che implora di poter respirare. Insieme a tre suoi colleghi Chauvin era stato già licenziato.  Ora è sotto indagine dell’Fbi, ma nei suoi confronti non sono stati ancora emessi capi di accusa.

Nella notte un gruppo di manifestanti ha assaltato il commissariato a cui Chauvin apparteneva, introducendosi in un’ala dell’edificio che è stata devastata e incendiata, provocando la fuga del personale di polizia presente. I nervi sono tesissimi. Ai lanci di sassi e bottiglie da una parte risponde il lancio di lacrimogeni e proiettili di gomma dall’altra.

E persino un giornalista afroamericano della Cnn è stato inspiegabilmente arrestato insieme alla sua troupe mentre stava trasmettendo in diretta. Un episodio imbarazzante che ha portato alle scuse delle autorità. Queste ultime lanciano ripetuti e disperati appelli alla calma, anche perché davanti c’é quello che potrebbe trasformarsi in un weekend di fuoco.

Del resto l’attesa che accada qualcosa sul fronte dell’inchiesta si fa sempre più insopportabile, con una comunità intera che si interroga sul perchè nessuno degli ex agenti coinvolti sia ancora stato incriminato.

“É il weekend più difficile della nostra storia, il mondo ci sta guardando”, implora il governatore dello stato Tim Walz. Mentre Donald Trump viene accusato di gettare benzina sul fuoco: “Se iniziano i saccheggi si inizia a sparare”, la controversa frase postata dal presidente americano, subito censurata da Twitter in un braccio di ferro ormai senza esclusione di colpi con la piattaforma social più usata dal tycoon.

Di diverso tenore il messaggio di Barack Obama: “Tutto ciò non dovrebbe essere normale nell’America del 2020”, scrive l’ex presidente, lanciando un appello perchè si possa finalmente vivere in un Paese “dove eredità come l’intolleranza e il trattamento diseguale tra cittadini non infetti più le nostre istituzioni e i nostri cuori”: questo per Obama il “new normal” a cui bisogna lavorare, un’America senza piú razzismo.

Intanto la protesta dilaga in tutti gli States. A New York almeno 70 manifestanti sono stati arrestati dopo una notte di tafferugli a Manhattan. Mentre a Denver durante le proteste si è anche sparato. Colpi di arma da fuoco anche a Louisville, in Kentucky, dove sette persone sono state ferite durante una protesta per l’uccisione in marzo di un’afroamericana, Breonna Taylor, 26 anni, nel corso di una perquisizione da parte di tre agenti bianchi nella sua casa.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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