Due detenuti si calano con una corda, evasione da film a Rebibbia

Una veduta esterna d del carcere di Rebibbia, Roma,
Una veduta esterna d del carcere di Rebibbia, Roma, 18 settembre 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Hanno segato le sbarre della cella e si sono calati nel cortile con una corda ricavata probabilmente da un tubo di tela dell’antincendio per poi scavalcare il muro di cinta. Evasione da film nel carcere romano di Rebibbia. Protagonisti due detenuti di origini rom: il 40enne Davad Zukanovic e il 46enne Lil Ahmetovic, in carcere per reati contro il patrimonio e la pubblica amministrazione con fine pena nel 2029.

L’allarme è scattato stamattina e sono subito iniziate le ricerche per rintracciare i due fuggitivi. Sotto la lente i campi nomadi della Capitale, stazioni, aeroporti e caselli autostradali della città. Le note di ricerca sono state diramate anche fuori Roma.

La fuga potrebbe essere avvenuta nella notte. Le telecamere avrebbero infatti immortalato uno “strano” movimento intorno alle 3.

E l’evasione ha sollevato una serie di polemiche. «Due detenuti sarebbero evasi da Rebibbia, sono due nomadi. Però sicuramente Bonafede non ne sa nulla e non è colpa sua, è colpa di Babbo Natale» ha detto il leader della Lega, Matteo Salvini.

Per il sindacato della polizia penitenziaria Sappe i due hanno usato per scappare una “manichetta dell’acqua” e sarebbero stati «favoriti dal probabile mancato funzionamento del sistema anti-scavalcamento e dal fatto che non ci sono le sentinelle della Polizia Penitenziaria sul muro di cinta”.

«Questa evasione è la conseguenza dello smantellamento delle politiche di sicurezza dei penitenziari e delle carenze di organico della Polizia Penitenziaria, che ha 7mila agenti in meno», ha sottolineato il segretario Donato Capece ricordando che proprio pochi giorni fa il Sappe aveva richiamato l’attenzione sulle criticità del carcere romano e aveva chiesto di rimediare con l’assunzione di almeno 10 agenti.

Per Rebibbia – ha aggiunto Capece – è prevista «una dotazione organica di 196 agenti, a fronte di una presenza effettiva complessiva di 150 unità Sui 150 poliziotti in servizio, 81 hanno più di 50 anni (e quindi avrebbero diritto ad essere esonerati dai turni notturni e da servizi particolarmente gravosi), 37 sarebbero fruitori di permessi della legge 104 e circa 10 unità andranno in quiescenza durante l’anno in corso».

L’ endemica carenza di personale sta «pregiudicando fortemente l’ordine e la sicurezza dell’istituto. I colleghi sono costretti a turni di lavoro massacranti, ma ormai sono allo stremo delle forze. Per di più, l’istituto ospita diverse tipologie di detenuti: diversi soggetti hanno problemi di natura psichiatrica e numerosi sono collaboratori di giustizia che, evidentemente, richiedono una maggiore cautela e una più assidua sorveglianza» ha concluso il sindacalista.

Mentre Gennarino De Fazio della Uilpa Polizia Penitenziaria nazionale ha sottolineato: «Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria è una nave che imbarca acqua in tempo di mare calmo e non è assolutamente in grado di reggere alle tempeste che ciclicamente lo investono. Per questo non basta cambiare gli uomini alla plancia di comando, per quanto bravi e di spessore possano essere i nuovi vertici, né l’ottimo equipaggio, ma è indispensabile un repentino e sostanziale cambio di rotta che deve essere impresso, in primis, dal ministro Bonafede e dal governo Conte».

(di Chiara Acampora/ANSA)

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