Funzionano i primi anticorpi sintetici anti-Covid

Un'addetta sanitaria effettua un test sierologici a una residente del Comune di Carpiano, 09 Giugno 2020. I cittadini hanno iniziato a sottoporsi allo screening
Un'addetta sanitaria effettua un test sierologici a una residente del Comune di Carpiano, 09 Giugno 2020. I cittadini hanno iniziato a sottoporsi allo screening. (Ansa/Andrea Canali.)

ROMA. – Funzionano le prime armi di precisione sintetiche anti Covid-19: sono anticorpi monoclonali progettati al computer anziché partendo da cellule umane e sono costruiti in modo da disinnescare la principale arma che il nuovo coronavirus utilizza per entrare nelle cellule, la proteina Spike.

I test, condotti su colture di cellule di mammifero sia negli Stati Uniti sia in Italia, indicano che gli anticorpi riescono a neutralizzare il virus, impedendogli di aggredire le cellule. Finora sono stati utilizzati solo anticorpi monoclonali derivati da cellule umane.

Il primo era stato scoperto in marzo e ora più gruppi di ricerca li stanno cercando. Un anticorpo monoclonale derivato dal sangue dei pazienti fornito dallo Spallanzani è allo studio del gruppo di Rino Rappuoli, chief scientist e head of external R&D della Gsk vaccine, che lo sta sviluppando presso la fondazione Toscana Life Sciences.

Un approccio analogo si segue negli Stati Uniti, dove l’azienda Eli Lilly ha promosso i test sull’uomo dell’anticorpo monoclonale derivato dal plasma di persone guarite e sviluppato dall’azienda AbCellera e dall’Istituto nazionale di allergie e malattie infettive(Niaid).

E’ stata invece l’interminabile serie di sequenze genetiche custodita nella grande banca dati di anticorpi ricombinanti, la canadese Trac (Toronto Recombinanti Antibody Center), il punto di partenza per identificare i primi tre anticorpi monoclonali sintetici.

Il risultato incoraggiante è online sul sito bioRxiv in preprint, in attesa della pubblicazione su una rivista scientifica, e lo ha ottenuto il gruppo internazionale guidato dall’Università canadese di Toronto e al quale l’Italia partecipa con le Università di Roma Tor Vergata e Torino, e con gli istituti Spallanzani di Roma Neuromed di Pozzilli (Isernia).

Allo studio partecipa anche il genetista italiano Pier Paolo Pandolfi del Beth Israel Deaconess Medical Center del’Università di Harvard. Gli esperimenti, condotti dall’Università di St Louis e dal Spallanzani, sono “la conferma che la neutralizzazione passiva del virus funziona molto bene”, ha detto il genetista Giuseppe Novelli, dell’Università di Tor Vergata. Anticorpi monoclonali sintetici sono stati utilizzati finora con successo contro alcune forme di tumore e contro l’artrite reumatoide.

Il prossimo passo sarà verificare se gli anticorpi sintetici funzionano anche nell’uomo, ma per la sperimentazione clinica è necessario un accordo con un’azienda farmaceutica che si occupi di produrre le dosi necessarie per i test.

“La ricerca accademica ha fatto il suo compito – ha detto Novelli – e ora sta all’industria produrre le dosi del farmaco per la sperimentazione. Ci sono trattative in corso per valutare tempi e costi”. Solo quando le dosi saranno disponibili si potrà chiedere l’autorizzazione alla sperimentazione all’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa).

“Se tutto andrà bene – ha concluso – i test clinici sono previsti nel giro di qualche mese: dipende dai tempi di produzione delle dosi”.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)

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