Pena di morte, in Usa tornano esecuzioni federali

Manifestazione contro la pena di morte davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington.
Manifestazione contro la pena di morte davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti a Washington. Archivio .(ANSA)

WASHINGTON.  – Il boia federale torna in azione negli Stati Uniti dopo ben 17 anni di inattivitá. Il via libera all’iniziativa dell’amministrazione Trump é scattato con la decisione della Corte Suprema di non occuparsi del caso, dopo che alcuni detenuti nel braccio della morte si erano opposti alla ripresa delle esecuzioni secondo le nuove procedure messe a punto dal Dipartimento della giustizia.

Procedure presentate dal ministro William Barr la scorsa estate e che prevedono la somministrazione ai condannati di una iniezione letale attraverso l’uso di un solo farmaco, il pentobarbital.

Si tratta di una grave sconfitta per le associazioni che da sempre in America si battono contro la pena capitale, e di una svolta che va in controtendenza con l’orientamento da tempo in atto nel Paese, con un numero crescente di stati che hanno ormai accantonato il ricorso alla pena di morte.

Soprattutto dopo le terribili vicende degli ultimi anni che hanno visto moriré diversi detenuti tra atroci sofferenze a causa di un mix di farmaci inadeguato.

A livello federale la moratoria delle esecuzioni federali era scattata nel 2003, sotto l’amministrazione di George W.Bush. Da allora nessun detenuto nel braccio della morte delle prigioni federali é stato piú sottoposto all’iniezione letale.

Si tratta di detenuti condannati da una corte federale per i reati piú gravi: tradimento, spionaggio, omicidi plurimi e particolarmente efferati, come l’assassinio di bambini. É proprio quest’ultimo il caso dei primi quattro carcerati che saranno giustiziati nelle prossime settimane.

Attualmente sono oltre 60 i detenuti nel braccio della norte delle prigioni federali, la maggior parte in cella nel Federal Correction Complex di Terre Haute, in Indiana. Tra loro i nomi piú illustri sono quello dell’attentatore della maratona di Boston Dzhokhar Tsarnaev e il suprematista bianco della strage di Charleston Dylann Roof.

Decisivo per il via libera al boia federale il blocco conservatore dei giudici costituzionali, mentre le due giudici liberal Ruth Ginsburg e Sonia Sotomayor  hanno dichiarato che erano favorevoli a prendere in considerazione il caso.

Il fronte conservatore dell’Alta Corte si é invece sgretolato su un’altra delicatissima questione, nonché tema centrale della campagna elettorale: l’aborto. La maggioranza dei “saggi” ha infatti ha bocciato la controversa legge iper restrittiva dello stato della Louisiana, che di fatto avrebbe comportato la chiusura di quasi tutte le cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza nello stato.

É la prima volta che la Corte Suprema si pronuncia sull’aborto da quando il presidente Donald Trump ha nominato due giudici, dando cosi’ la maggioranza proprio all’ala conservatrice. Ma il tycoon non aveva fatto i conti con il presidente dei giudici costituzionali, John Roberts, nominato da George Bush ma divenuto vero e proprio ago della bilancia.

Non é un caso che di recente ha votato con i colleghi di nomina democratica sia per salvare il programma di protezione dei Dreamer varato da Barack Obama sia per estendere il divieto di discriminazioni sul lavoro alla comunità Lgbtq.

La Casa Bianca ha quindi definito “infelice” la decisione sulla legge della Louisiana che era stata varata nel 2014 e presa ad esempio da altri stati repubblicani. La sua bocciatura da parte dell’Alta Corte segna dunque un precedente che adesso mette a rischio tutti gli altri provvedimenti simili.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)

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