Focolaio a Leicester, ombra lockdown locale e rinvio per i pub

Passeggeri con la mascherina all'aeroporto di Heathrow a Londra.
Passeggeri con la mascherina all'aeroporto di Heathrow a Londra. EPA/ANDY RAIN

LONDRA.  – Mentre il premier Boris Johnson s’appresta a riaprire pub, ristoranti e alberghi in Inghilterra, allentando ulteriormente le residue misure restrittive nel Regno Unito, su Leicester – teatro di un focolaio di contagi da Covid-19 in controtendenza rispetto al calo generale – incombe un’ombra cupa.

L’ombra della prima città britannica soggetta a lockdown locale. L’intenzione del governo Tory è quella di rinviare di almeno 2 settimane le riaperture previste nel resto della nazione dal 4 luglio.

Scelta ad hoc, poco gradita in città dagli impazienti frequentatori dei pub e non solo, che si spiega tuttavia con la brusca nuova impennata in loco dei test postivi a giugno: 866 su 2.987, quasi il 30%, negli ultimi 14 giorni.

Con oltre 320mila abitanti, Leicester è il decimo centro più popoloso del Regno, crocevia d’immigrazione multietnica da qualche decennio nella regione centrale delle Midlands, dove nel 2012 un team di archeologi ha rinvenuto sotto un parcheggio resti attribuiti a re Riccardo III, personaggio shakespeariano per antonomasia.

E salita agli onori delle cronache sportive quattro anni fa quando le Foxes, soprannome della squadra di calcio cittadina allenata all’epoca da Claudio Ranieri, vinsero la Premier League da “provinciali” firmando un’impresa fra le più memorabili e inattese nella storia dello sport moderno.

In una paradossale inversione delle parti, il sindaco, sir Peter Soulsby, esponente di quel Labour che a livello nazionale imputa al governo Tory ritardi nell’attuazione delle restrizioni sociali a inizio pandemia, appare peraltro recalcitrante ad accettare ora che Johnson e i ministri possano far valere la tanto invocata cautela a casa sua.

Soulsby si dice “arrabbiato e frustrato”, parla di allarmismo mediatico, auspica uniformità di trattamento con “il resto dell’Inghilterra” (a dispetto dei dati difformi del suo territorio sul coronavirus) e si lamenta per “l’impatto significativo” sui concittadini e sul business che la proroga locale del lockdown minaccia di avere.

“L’accetteremo, se necessaria – sbuffa alla fine obtorto collo, a margine di un colloquio con il ministro della Sanità, Matt Hancock -. Ma ci devono dimostrare che farà davvero la differenza”.

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