Coronavirus in Italia: calo dei contagi, ma risalgono i ricoveri

Passeggeri alla Stazione Termini a Roma dopo la riapertura dei viaggi
Passeggeri alla Stazione Termini a Roma dopo la riapertura dei viaggi. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Sono decine i focolai di nuovi contagi da coronavirus sparsi un po’ a macchia di leopardo in diverse regioni, per lo più Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio, e l’ultima impennata si è diffusa nella già piagata Lombardia, nei macelli e salumifici del mantovano con 68 positivi.

Dopo cinque giorni di dati in salita, oggi arriva un passo indietro con 192 nuovi positivi a fronte dei 235 di ieri, sette le persone che hanno perso la vita, ieri 21. Mentre risalgono sia pure lievemente, i numeri sui pazienti Covid ricoverati (+21) e in terapia intensiva (+3).

In molti dei nuovi casi c’è un comun denominatore: il virus è di rientro, contratto all’estero e ‘trasportato’ a casa nostra. Si tratta di persone positive, soprattutto lavoratori stranieri, che fanno rientro in Italia, il più delle volte da paesi extra Schengen dove l’epidemia non è sotto controllo.

Un campanello d’allarme che ha costretto ai ripari, con il governatore della Toscana Enrico Rossi che ha stabilito il ricovero obbligatorio nei covid hotel per i contagiati che vivono nel sovraffollamento, e da domani a Roma partono i tamponi a tappeto per la comunità del Bangladesh dove il virus dilaga. Il governatore del Lazio Nicola Zingaretti chiede tamponi negli aeroporti per i voli da paesi ad alto rischio.

Dopo il caso dell’imprenditore veneto ricoverato a Vicenza in condizioni gravi ma stabili dopo aver in un primo tempo rifiutato le cure nonostante evidenti sintomi di Covid, alle sue spalle una scia di 5 contagiati e 89 persone in isolamento, anche il ministro della Salute Roberto Speranza – sollecitato dal governatore Luca Zaia – sta riflettendo sui trattamenti sanitari obbligatori. Per ora le norme anticontagio puniscono chi non rispetta la quarantena o diffonde il virus, non chi rifiuta di curarsi.

Sul fronte degli stili di vita, inoltre, preoccupano gli assembramenti e i comportamenti ‘rilassati’: nei boschi dell’astigiano, lungo il Tanaro, è stato ‘sgomberato’ dalle forze dell’ordine un rave con 400 ragazzi, e Federfarma ha notato un grosso calo nella vendita di mascherine.

 

E’ dunque al lavoro l’ufficio legislativo del ministro Speranza per verificare il quadro normativo sui Tso. L’obiettivo è quello di studiare una norma più stringente per la tutela contro il Covid dopo il caso del focolaio veneto. La verifica tecnica servirà anche di supporto ai sindaci. “Oggi se una persona è positiva e non resta in isolamento ha una sanzione penale da 3 a 18 mesi di carcere. E c’è una multa fino a 5mila euro”, ha detto il ministro in un’intervista a Repubblica, in cui ha parlato anche di “test sierologici sulla popolazione scolastica”.

“Sto valutando con il mio ufficio legislativo – ha spiegato Speranza – l’ipotesi di trattamenti sanitari obbligatori nei casi in cui una persona deve curarsi e non lo fa”.

Parere favorevole viene da Andrea Crisanti, il professore di microbiologia dell’Università di Padova tra i primi a capire la gravità dell’epidemia e a fare muro. “Ogni volta che si mette in pericolo la salute degli altri prevale il bene pubblico, quindi – sostiene Crisanti parlando a SkyTg24 – penso che il Trattamento sanitario obbligatorio in questi casi debba essere necessario, estenderlo al caso del Covid non è una cosa negativa”.

Lo scienziato prevede che tra ottobre e novembre i focolai si intensificheranno e ricorda che “l’Italia non è in una bolla: questa settimana ci sono stati in media circa 200mila casi al giorno nel mondo. È chiaro che siamo esposti a un contagio di rientro o alla riattivazione di focolai di trasmissione che non è stata completamente eliminata”.

Sulla stessa scia è Francesco Vaia, direttore sanitario dello Spallanzani che, intervistato dal Corriere, chiede “una grande attenzione a porti, aeroporti e stazioni. Occorre fare i tamponi a tutti i passeggeri provenienti da Paesi nei quali il virus è in crescita. Non basta rilevare la temperatura o l’autocertificazione”.

Con uno sguardo dall’alto e il pensiero rivolto ai drammatici mesi del lockdown, dal massiccio della Presolana, il vescovo di Bergamo Francesco Beschi ha celebrato una messa per ricordare le tante vittime della città straziata dal virus e ha invocato la protezione sui cittadini bergamaschi e lombardi ancora in lotta contro il Covid.