Conte, Sánchez, Costa: nasce l’asse del Mediterraneo?

Il premier Conte e il presidente del Governo spagnolo Sánchez
Il premier italiano Conte e il presidente del Governo spagnolo Sánchez

MADRID – Il Premier Giuseppe Conte ha iniziato il suo “mini-tour” lampo. Oggi in Portogallo, domani in Spagna. Il 13 luglio, poi, si recherà in Germania. La diplomazia mediterranea lavora febbrilmente per tessere una strategia comune che permetta di rompere il fronte dei “paesi frugali”. E cioè, l’asse formato da Svezia, Danimarca, Paesi Bassi e Austria. Sono quelli che ancora si oppongono alla creazione del “Recovery Fund”. Considerano poco opportuno concedere finanziamenti a fondo perduto. Non importa se destinati ai paesi che più hanno sofferto gli effetti della pandemia e neanche il fatto che sarebbero destinati all’ammodernamento, ristrutturazione e costruzione di infrastrutture sanitarie o all’assunzione di personale medico e infermieristico.
Per l’Italia, luglio sarà un mese cruciale. Non è più tempo di incertezze e temporeggiamenti. Si apre la stagione della concretezza. La linea attendista, messa in campo fino ad oggi dal premier Conte, non pare più percorribile. Quindi archiviato, per il momento e solo in apparenza, il Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), l’attenzione si riversa tutta sui “Recovery Fund”. È questo il salvagente sul quale l’Unione Europea sta discutendo e che permetterebbe all’Italia, ma anche alla Spagna, al Portogallo e alla Francia, di accedere ad una importante linea di credito, un fondo garantito dal bilancio a lungo termine dell’Unione europea. L’Italia potrebbe aspirare ad ottenere fino a 150 miliardi di euro per finanziare la ripresa.
Il “Recovery Fund” è il dossier sul quale il presidente del Consiglio spera di costruire l’asse del Mediterraneo. Un asse, per il momento, con obiettivi immediati ma i cui orizzonti potrebbero essere ben più vasti e ambiziosi. D’altronde, ad unire Spagna, Italia e Portogallo non è solo un comune interesse transitorio, ma una storia e una cultura comune. Molto dipenderà, comunque, dalla sua capacità di piegare l’opposizione dei paesi del nord Europa. Insomma, dall’abilità con cui saprà proporsi come un mercato immenso di produttori e consumatori.

L’ombra del “Mes”

Ma se il “Recovery Fund” sarà il grande protagonista del blitz mediterraneo di Giuseppe Conte, l’ombra del “Mes” si affaccia da dietro le quinte. Il Premier, a differenza del Movimento 5 Stelle che sostiene il suo governo, non vi si oppone a spada tratta. Ma vorrebbe che a fare il primo passo fossero Spagna o Portogallo.
Il “Meccanismo Europeo di Stabilità” fu creato dopo la crisi del 2008 con l’obiettivo di aiutare i paesi in difficoltà. Ad esso fecero ricorso Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna che, per accedervi, dovettero accettare alcuni condizionamenti. Oggi il “Mes” permette ai paesi di usufruire di una somma pari al 2 per cento del Pil a tassi d’interesse negativi. L’Italia, quindi, potrebbe attingervi circa 40 miliardi di euro. Una somma di tutto rispetto da destinare alle spese sanitarie dirette e indirette – leggasi costruzione, ammodernamento e ristrutturazione di ospedali nonché all’aumento del personale sanitario -. Ma potrebbe anche essere destinato a cantieri correlati. Ad esempio, l’edilizia scolastica.
Nonostante le rassicurazioni di Nicola Giammarioli, Segretario Generale dell’istituzione, il Movimento 5 Stelle teme i controlli “post programma” e il meccanismo di allerta rapido previsto dal trattato del Mes. E non fa mistero delle perplessità derivate dai poteri che attribuiscono al suo board.

Ci sono poi riflessi di carattere psicologico. L’adesione al “Mes”, stando al M5S, potrebbe provocare un crollo della credibilità e della reputazione del Paese. Trasformarsi in uno stigma. Tutte argomentazioni che Giammarioli rispedisce al mittente. In una intervista a Repubblica (5 luglio 2020), spiega che “non si tratta di un salvataggio come quelli del passato, non è un soccorso lanciato durante una crisi finanziaria o per rimediare a scelte sbagliate di un governo. Si tratta di una linea di credito studiata per rispondere alla pandemia, fenomeno del quale nessuno ha colpa”.
Il premier Conte, comunque, non vuole che l’Italia sia né il primo né l’unico Paese a chiedere il fondo. Certo, se il Mes fosse chiesto anche da Spagna e Portogallo, le conseguenze politiche ed economiche sarebbero diverse e condivise. Specialmente nel caso di un ritorno del patto di stabilità. Per questo, è quasi sicuro che nel corso dei dialoghi con il presidente Pedro Sánchez e il premier Antonio Costa si parli anche di questo.
In Spagna, da tempo il Mes ha smesso di essere tabù. Ci sono enti locali, come ad esempio la Catalogna, che lo ritengono necessario. È denaro che farebbe molto comodo anche agli enti locali italiani.
Il tour europeo del premier italiano si concluderà il 13 luglio con una bilaterale con Angela Merkel. Sarà l’ultima prima del Consiglio Ue.

Mauro Bafile