L’industria riparte ma livelli pre-Covid lontani

Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia,
Dipendenti indossano mascherine e guanti protettivi a prevenzione della diffusione del Covid-19, durante il turno di lavoro, presso lo stabilimento industriale di packaging farmaceutico Eurpack di Aprilia, Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

NEW YORK. – A maggio l’industria riparte. La fine del lockdown vede le imprese reagire e la produzione mettere a segno un’impennata, salendo del 42,1% rispetto ad aprile. I dati dell’Istat superano le attese degli analisti.

Un risultato “incoraggiante” per il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri. Finalmente un numero che rincuora in una settimana iniziata male con le previsioni dell’Ue sul pil, ma finita con la conferma del rating BBB- con outlook stabile da parte di Fitch.

L’agenzia di rating aveva rivisto al ribasso la sua valutazione sull’Italia lo scorso 28 aprile: a distanza di poco più di due mesi conferma il suo giudizio constatando come “l’elevato debito pubblico e la debole crescita strutturale continueranno a pesare sul rating” dell’Italia. Secondo l’agenzia, il deficit italiano supererà quest’anno il 10% e si manterrà sopra il 6% nel 2021 ma le iniziative europee, incluso il Recovery Plan, potrebbero limitare il deterioramento atteso dei conti pubblici nel 2021.

L’economia italiana, aggiunge Fitch, sta pagando un prezzo caro per la pandemia, ma con la fine del lockdown il governo ha mosso gradualmente i primi passiper aiutare la normalizzazione dell’economia. Durante gli Stati Generali convocati dal governo si è dibattuto sulle riforme strutturali per rafforzare la crescita di medio termine, ricorda Fitch, secondo cui al momento “non è chiaro quanto questo confronto si tradurrà in un’attuale politica economica.  Le divisioni fra Pd e M5S sulle riforme e sulle priorità di spesa – si nota – hanno il potenziale di ritardare l’attuazione di una strategia credibile di medio termine”.

Nel presentare il dato sulla produzione industriale l’Istat parla di “una significativa ripresa” dell’attività. Ma c’è da risalire da una voragine senza precedenti. Il confronto annuo rileva come i livelli della produzione siano ancora del 20% inferiori a quelli di inizio anno. La Banca d’Italia nel suo bollettino stima una perdita peggiore, un quarto sotto i livelli pre-Covid mettendo in conto anche un nuovo rialzo a giugno.

Il problema è che tra marzo e aprile la discesa è stata tale che non basta neppure un exploit come quello di maggio. I danni procurati dall’epidemia non possono evaporare nel giro di qualche settimana.

La manifattura “risente ancora” della situazione generata dall’emergenza, chiarisce l’Istat. Ecco allora che non stupisce la stima di via Nazionale sul Pil del secondo trimestre. Una caduta doppia rispetto a quella registrata già nei primi tre mesi, “valutabile attorno al 10%”.

Colpa di aprile visto che, riconosce palazzo Koch, a “partire da maggio l’attività produttiva ha mostrato segnali di recupero”. Ecco che nel complesso per quest’anno la Banca d’Italia conferma, in sostanza, la forbice sul Pil che verrà. Ovviamente in calo. Si va da una riduzione del Prodotto interno lordo del 9,5%, nello scenario “base”, a un tracollo di “oltre il 13%”, se emergessero nuovi focolai “rilevanti”. Tradotto, l’incertezza resta alta.

D’altra parte il virus è un nemico nuovo anche per l’economia e soprattutto per chi deve fare previsioni. Ma dopo un colpo come quello ricevuto la diagnosi non deputa a favore di un recupero lampo. A “fine del 2022 il Pil rimarrebbe circa due punti percentuali al di sotto del livello del quarto trimestre del 2019”, spiega Bankitalia.

Le fabbriche hanno riaperto i cancelli ma questo non significa che le imprese vedano rosa. Secondo un sondaggio, anticipato nel bollettino, a giugno “circa il 90% delle aziende ritiene peggiorata la situazione económica generale”. Dall’indagine già condotta sulle famiglie emerge come la metà si aspetti un alleggerimento del portafoglio per quest’anno.

La conseguenza è una riduzione delle spese come quelle destinate al turismo. Cosa che tanto alarma Confcommercio. Almeno, passando da marzo a maggio, c’è stata un’accelerazione dei prestiti bancari alle imprese, con un +11,5% su base annua (+23 miliardi), a seguito “degli interventi di sostegno alla liquidità”. In tutto ciò il mercato del lavoro resta sedato grazie al blocco dei licenziamenti e all’ampio utilizzo della cassa integrazione. Ma non è immune.

Nei due mesi di lockdown mancano all’appello, fa presente Bankitalia, mezzo milione di posti, “prevalentemente per la mancata attivazione di nuovi contratti a tempo determinato”. I primi a pagare il conto della crisi sono stati quindi i precari. Il dato più fresco, quello sulla produzione dell’industria, indica comunque un’inversione di tendenza, in senso positivo.

“Abbiamo ancora molta strada da fare”, ammette Gualtieri, ma il rimbalzo di maggio “è molto importante e stimiamo che proseguirà, anche se prevedibilmente a tassi più contenuti, nel bimestre giugno-luglio”.

Il segretario dem, Nicola Zingaretti, invita ad andare oltre le percentuali, per dare atto dello sforzo compiuto da imprenditori e lavoratori. Dall’Istat, per il leader del Pd, arriva “una boccata d’ossigeno, indispensabile per ricostruire fiducia nel Paese”.

(di Marianna Berti/ANSA)

Lascia un commento