Cirillo (Comites Parigi): “Cambiare i Comites guardando al futuro”

Vincenzo Cirillo, Presidente del Comites di Parigi
Il presidente del Comites accompagnato dall'Ambasciatrice d'Italia a Parigi, Teresa Castaldo
Il presidente del Comites accompagnato dall’Ambasciatrice d’Italia a Parigi, Teresa Castaldo

MADRID – Il capitolo “covid-19” non si può considerare ancora chiuso. Non lo sarà fino a quando non si scoprirà un vaccino o, quanto meno, un farmaco che lo degradi a semplice “raffreddore”. L’altalena dei contagi, e i morti cha si sommano quotidianamente ai tanti altri, troppi, provocati dalla pandemia, consigliano di tenere alta la guardia.

L’emergenza sanitaria ha posto i nostri Comites di fronte a nuove responsabilità. E all’orizzonte, la crisi economica, che promette d’irrompere nei prossimi mesi con la violenza devastatrice di uno tsunami, esigerà un impegno ancor maggiore. Ma sono pronti ad assumerlo? Come dovranno cambiare per rispondere alle nuove sfide?

– I nostri Comites vanno rinnovati in un’ottica più contemporanea, più moderna – afferma alla “Voce” Vincenzo Cirillo, presidente del Comites di Parigi, tra i più attivi in Europa -. Il problema principale è il loro isolamento. Perché alcuni Comites hanno una eccellente “performance” ed altri, invece, solo mostrano risultati mediocri?

– Come qualunque ente, molto dipende da chi assume la responsabilità di gestirlo. Le istituzioni generalmente sono tutte valide– proviamo a suggerire

– È vero – ammette Cirillo -. Come hai giustamente segnalato, sono necessarie persone capaci. Ma non solo. Il vero problema dei Comites, a mio avviso, è un altro: la propria struttura. Penso che se tutti lavorassero alla stessa maniera, il problema non esisterebbe.  Oltre ad artista, sono anche antropologo teatrale. Mi appassiona lo studio delle forme del teatro. Partendo dalla mia professione ho analizzato a fondo i Comites. Quando ne vedi uno, hai la sensazione di averli visti un po’ tutti. Le problematiche sono quasi sempre le stesse.

Commenta che in questi anni ha “cercato di capire cos’è che blocca queste strutture e la ragione per le quali non sono così popolari” come sarebbe invece auspicabile.

– Ci sono Comites inattivi ed altri super-dinamici – aggiunge -. Ho l’impressione che, nel fondo, prevalga uno spirito concorrenziale quando, in realtà, dovremmo camminare tutti insieme, uniti. Il Comites, a mio avviso, è un ente concepito in modo sbagliato.

La sua prima critica è alla presenza della “politica” all’interno dei Comites

– I Comites – sottolinea – non sono enti che legiferano: non decidono i livelli di tassazione, non influiscono sui conti pubblici. Quindi – insiste -, le idee politiche, una volta eletti, dovrebbero essere lasciate a casa.

Ammette senza remore che la politica è intrinseca in ognuno di noi, ma sostiene anche che “il Comites dovrebbe essere un organismo apartitico”.

– Quando un italiano è in difficoltà e viene al Comites – spiega -, non chiediamo in quale partito militi. Se è italiano va aiutato e punto. Quindi, bisognerebbe smetterla di pensare in funzione di una maggioranza o di una minoranza. È necessario farla finita con le opposizioni ad oltranza. Servono solo a bloccare i lavori, a respingere o a ritardare iniziative. Molti Comites sono fermi a causa di dissidi ideologici e militanza politica.

Il presidente del Comites nella sede della nostra Ambasciata a Parigi con la Console Generale, Emila Gatto, e lo scrittore e giornalista, Corrado Augias, in occasione della presentazione del libro “L’Italia del Père Lachaise”

Altro aspetto, che a suo avviso rappresenta un ostacolo è il quorum. Sostiene che a volte “si trasforma in uno strumento di ricatto”.

– Se non c’è il quorum – ci dice -, non si può realizzare un’Assemblea. Di conseguenza, non si possono prendere decisioni.

Spiega poi che, quando si realizza un’assemblea, c’è anche chi deve fare un lungo viaggio per parteciparvi. A volte deve affittare una stanza in hotel.

–  Tutto ha un costo – asserisce -. Ho scritto a Luigi Maria Vignali, Direttore del Dipartimento degli Italiani all’Estero, suggerendo che nei prossimi Comites, ai consiglieri eletti se ne affianchino altri, scelti tra i membri dei Comites precedenti. Insomma, consiglieri con esperienza, che conoscano il funzionamento dell’organismo e la realtà della comunità. Parlo di consiglieri selezionati tra quelli che hanno mostrato capacità, interesse e qualifiche particolari. Si tratta, in poche parole, di sottoporre una rosa di candidati al voto dell’Assemblea. Si potrebbero chiamare “consiglieri onorari”, ma con diritto di voce e voto. Quindi, 5 persone, in aggiunta ai cooptati, che oltre a dare un valido aiuto, permetterebbero di raggiungere il “quorum” in ogni caso.

Ritiene che questi “consiglieri onorari” potrebbero rappresentare validi elementi di supporto.

– I membri del Comites sono tutti volontari – puntualizza -. Hanno un lavoro, hanno famiglie. Non guadagnano dalle attività svolte nel Comites. Anzi… a volte ci rimettono. I “consiglieri onorari”, potrebbero affiancare quelli “eletti” nell’esaminare lo sviluppo di particolari progetti. O assistere, a nome del Comites a eventi particolari.

Una riunione del Comites di Parigi
Una riunione del Comites di Parigi

Altra proposta del presidente del Comites di Parigi è l’assunzione di un vero professionista.

– La figura che propongo – spiega Cirillo –  starebbe permanentemente in contatto con il Consolato. In determinate occasioni, potrebbe offrire il suo valido contributo. E poi, sarebbe soprattutto un esperto le cui competenze nessuno metterebbe in discussione. Insomma, sarebbe una sorta di manager.

– Una specie di Segretario Generale, come ad esempio hanno le nostre Camere di Commercio bi-nazionali. Un soggetto con competenze ben precise.

– Il presidente detta la linea generale – su questo Cirillo non ha alcun dubbio -. E il professionista la segue in tutti i suoi aspetti. Una segretaria non sarebbe sufficiente. Non ne avrebbe neanche le competenze.

– Questo manager, questo professionista, dovrebbe percepire uno stipendio…

– Sarebbe pagato dallo Stato italiano, come lo sono un Console o un qualunque funzionario italiano all’estero – precisa -. Stiamo parlando di una persona il cui lavoro sia retribuito. Considero che tanti Comites non riescono ad organizzare eventi ed essere attivi per questo motivo. Perché non hanno una persona che possa seguire i progetti le 24 ore del giorno.

È anche convinto dell’importanza di avere “antenne” nel territorio. Connazionali che potrebbero essere consultati dal Comites, che potrebbero proporre iniziative ed organizzare eventi per conto dello stesso Comites.

 Pesare sulle decisioni politiche

Ritiene poi importante mettere insieme i Comites, strutturarli come un’InterComites europeo e poi magari mondiale, per pesare sulle decisioni politiche.

– Quando si discute una legge in Italia che potrebbe avere una ricaduta sulle nostre comunità – afferma -, si dovrebbero ascoltare anche i Comites.

Vincenzo Cirillo in una manifestazione in difesa dei precari
Vincenzo Cirillo in una manifestazione in difesa dei precari

Per rimarcare l’importanza dell’unità sottolinea che se una legge è contestata da un singolo Comites, non accade nulla. Invece se lo fosse dall’insieme dei Comites non si potrebbe non tenerne conto.

– I Comites sono le antenne del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero – obiettiamo -. Ed è questo l’organo che si confronta col mondo politico italiano.

Non è d’accordo. Muove negativamente la testa. Ed esprime il suo punto di vista.

– Non è proprio così. Io, come presidente del Comites, non ho contatti diretti tutti i giorni con il nostro rappresentante nel CGIE. Generalmente vengo a conoscenza del lavoro che svolge attraverso qualche comunicato. È iI Comites il vero rappresentante del cittadino. In queste settimane di crisi, siamo stati noi nella “task force” creata da Ambasciata e Consolato. È stato il Comites a rispondere alle centinaia di telefonate dei connazionali; è stato il Comites a mettere a disposizione servizi. Quando il CGIE ha organizzato il seminario di Palermo, ha chiesto al Comites di selezionare i giovani.

– Chiaro, voi siete le antenne del Cgie…

– Siamo enti completamente diversi – insiste -. Il CGIE è una cosa e il Comites è un’altra. Forse questo non è stato ancora capito.

Sempre riguardo al ruolo dei Comites, e di come andrebbero trasformati, Cirillo spiega che dovrebbero essere un networking, avere una sua indipendenza. E sottolinea:

– I Comites, oggi, sono una struttura frammentata. È come se in’Italia ogni città andasse per conto suo; immagina un’Italia priva di un organismo centrale. È lo stesso per noi. Ogni Comites ha un regolamento diverso. Funzionano tutti in maniera diversa. Non ci sono progetti in comune. Tra noi non c’è una vera collaborazione.

– Ma non è colpa dell’istituzione in sé… È dimostrato che quando si ha la volontà si riesce a superare ogni ostacolo…

– È vero, ma non basta – risponde -. Non puoi immaginare l’impegno del Comites di Parigi per la realizzazione della video-conferenza tra Comites europei, alla quale ha assistito anche il vostro Giornale. Ho dovuto scrivere ad ogni singolo presidente. Ho bussato personalmente alle porte di ogni Comites.  Doveva essere una cosa tra Comites; l’occasione per discutere in privato delle nostre problematiche e costruire un progetto comune. È vero che Londra è diversa da Parigi. Ma alla fine – insiste – i problemi sono gli stessi. Purtroppo, però, manca il dialogo. Conoscersi personalmente fa sì che si creino sinergie.  L’evoluzione dei Comites – aggiunge – deve essere orientata verso i giovani. Oggi, se questi vengono al Comites, dopo tre giorni se ne vanno. Si annoiano mortalmente. Così come sono strutturati, i nostri Comites sono una noia mortale.

– Voi fate tante cose, come ci riuscite?

– Come facciamo? – sorride – Un po’ grazie ai fondi ministeriali, un po’ grazie agli sponsor privati. Parigi fa progetti belli. Ci pensa, ci ragiona, ci riflette e li realizza. Il ministero ci da i fondi perché sostiene i progetti interessanti.

 Cirillo: “Collaborare tra istituzioni”

Cirillo ha le idee chiare. Ma come tanti artisti, a volte si perde nelle proprie riflessioni. Parla di slancio. È indiscutibile che il tema lo affascini. Ed ha tanto da dire. È un zelante sostenitore dell’indipendenza dei Comites.

Vincenzo Cirillo con la maglia della “Diaspora Italiana”, poco prima della partita contro gli immigrati di altre nazioni, organizzata dal Comites di Parigi in occasione della “Giornata dell’Immigrazione”

– Bisogna saper lavorare in armonia con altre istituzioni – afferma -. In piena indipendenza. Ad esempio, con i Consolati. Dobbiamo migliorare – ammette per poi sostenere convinto:

– Consolati e Comites possono, anzi devono, collaborare tra loro conservando la propria autonomia.

Critica l’eccessiva burocrazia, che complica la gestione dei Comites, e suggerisce l’applicazione del “sistema francese”. A suo avviso è più moderno ed anche più snello.

– Non è possibile che per fare un bilancio si impieghino mesi – si lamenta -. Bisognerebbe applicare le cose positive di altri Stati. Soprattutto se vuoi continuare a mantenere la gestione del Comites sul volontariato, in cui neanche il tesoriere è un professionista… Immaginati la responsabilità del tesoriere del Comites di Parigi, con tutti i progetti che realizziamo e il denaro che riceviamo per organizzarli. Poverino, non ce la fa. Dobbiamo semplificare. È normale che ogni tanto ci sia un controllo. Ma la burocrazia va alleggerita. Credo nell’indipendenza dei Comites. – insiste -. Dovrebbero dipendere solo dal Ministero. Se c’è bisogno di un controllo, deve farlo il ministero. Noi abbiamo un rapporto straordinario con la nostra Console Generale – afferma per poi chiedersi:

– E se così non fosse?

 

Voto per corrispondenza o elettronico?

Affrontiamo, ora, un altro argomento spinoso: il voto all’estero. L’esperienza insegna che il voto per corrispondenza non è né il più pratico, né il più sicuro. Come modificarlo?

Cirillo non ha dubbi.

– Si dovrebbe permettere il voto elettronico – afferma categorico -. Così tutti potranno esercitare questo diritto. Se vogliamo alzare la percentuale di voto, se vogliamo stimolare il voto dei giovani, dobbiamo orientarci verso il voto digitale. Così si semplificherebbero tante cose.

Considera che il voto per corrispondenza rappresenti una spesa inutile. Spiega che, ad esempio, in Europa molti connazionali cambiano luogo di residenza ma non aggiornano l’Aire. Quindi il plico elettorale è inviato ad un indirizzo nel quale il connazionale non vive più da mesi o da anni.

– Tutti abbiamo un’e-mail – aggiunge -. Anche i 90enni. Quindi, perché spendere i soldi dei contribuenti per poi avere una percentuale bassissima di voti?

In quanto alla sicurezza del voto, sostiene che non è un problema.  Ed è vero. D’altronde, quante transazioni bancarie realizziamo in sicurezza? In quanto ai brogli elettorali, afferma:

– Per evitarli basta rifarsi al codice fiscale. Ognuno di noi ha un suo codice fiscale. È unico. Con questo, e un sistema di voto cifrato si ridurrebbe il rischio di brogli. C’è tanto da rinnovare – conclude -. Bisogna guardare al futuro.

Mauro Bafile

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