Ai minimi in Italia la percezione di contrarre il coronavirus

Coronavirus in Italia: turisti e romani a passeggio in una via di Trastevere, Roma.
Coronavirus in Italia: turisti e romani a passeggio in una via di Trastevere, Roma. ANSA/ ANGELO CARCONI

ROMA. – Il coronavirus fa sempre meno paura agli italiani anche se, con il ritorno alla normalità, a farsi largo sono sentimenti come rabbia, tristezza e incertezza sul futuro. La rabbia cresce al Nord di 5 punti percentuali rispetto al Sud, è più bassa tra i giovani e massima tra i ceti popolari, quelli più a rischio lavorativo, mentre è minima tra i ceti più abbienti. Il new normal è percepito nella maggioranza dei casi come diverso rispetto al passato, ma la nuova normalità non appare migliore di quella pre-Covid ma peggiore.

E’ quanto si evince dall’indagine Radar #codivsruption di Swg su come la pandemia legata al Covid-19 stia modificando i comportamenti e gli atteggiamenti di individui e consumatori. Il sondaggio prende in esame il periodo che va dal 22 marzo, a ridosso dal lockdown, all’8 luglio.

La percezione della pericolosità del virus dunque è sempre meno diffusa. Non solo gli italiani ritengono sempre meno probabile contrarlo, ma si sentono anche molto meno vulnerabili rispetto al passato. Se il 22 marzo, a ridosso del lockdown, il 57% degli italiani era molto preoccupato per la diffusione del coronavirus, la percentuale cala all’8 luglio fino al 20%; e se sempre il 22 marzo il 54% degli intervistati riteneva di poter contrarre il virus, tre mesi dopo la percentuale scende al 36%.

A fare da contraltare alla diminuzione della paura di contrarre il virus c’è però la crescita di rabbia e tristezza: la rabbia è passata dal 17% del 22 marzo al 22% dell’8 luglio, la tristezza dal 47% al 55%. I dati registrano inoltre un forte peggioramento nella percezione della situazione economica sia nel breve che nel lungo periodo: per il 64% degli intervistati l’economia si riprenderà lentamente, solo per il 9% velocemente. Per il 52% poi la situazione è peggiorata nelle ultime due settimane.

E se da una parte cresce la quota di chi ritorna a vivere le esperienze della quotidianità (andare al bar, al ristorante, al mare o prendere un mezzo pubblico, per fare alcuni esempi), dall’altra gli intervistati lasciano intendere che non è più uguale a prima: il 40% ritiene che prendere un mezzo sia un’esperienza peggiore rispetto a prima del lockdown, spessa percentuale per chi è andato in un centro commerciale.

Un capitolo dell’indagine riguarda l’esecutivo: il secondo Governo Conte, che gode ancora di un gradimento piuttosto elevato, anche se con segnali di qualche difficoltà, non viene considerato particolarmente decisionista, viene piuttosto ritenuto attendista (per il 39%, percentuale che sale al 60% tra chi ritiene il governo inefficace) o equilibrato (per il 26%, percentuale che arriva al 47% tra coloro che ritengono il governo efficace).

L’ultimo campo di indagine è quello sulla religiosità degli italiani: l’emergenza Covid-19 sembra aver messo in difficoltà parte degli italiani sul piano della spiritualità. La popolazione più anziana è quella che manifesta di aver subito di più il fenomeno: aumenta una dimensione spirituale che diventa più personale a discapito della partecipazione a celebrazioni o visite ai luoghi di culto.

Emerge inoltre una dimensione caritatevole che porta un quinto degli italiani a fare elemosina o a comprare generi alimentari e farmaci per le fasce di popolazione più bisognose.

“Gli italiani, dopo un primo momento di paura, hanno acquistato sempre maggiore fiducia nella risposta efficace del sistema sanitario, anche grazie al fatto che le terapie intensive si sono svuotate e che i decessi sono notevolmente diminuiti – spiega il direttore di ricerca Swg, Riccardo Grassi – ma cresce la rabbia: quello che è avvenuto in questo mesi ha visto una sostanziale equivalenza tra timori sanitari e timori economici; nel momento in cui i timori sanitari scendono e restano solo quelli economici, è probabile che la rabbia aumenti.

Per gli italiani la ripresa non ha rappresentato un sostanziale miglioramento della propria condizione economica che si accompagna a forti perplessità sul futuro. E ovviamente, guadagnando di meno si spende meno”.

(di Simona Tagliaventi/ANSA)

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