Conte prepara un settembre decisivo. Incognita Mes

Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in Senato per l'informativa sugli esiti del Consiglio europeo.
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in Senato per l'informativa sugli esiti del Consiglio europeo. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

ROMA. – C’è un cavallo di Troia chiamato Mes nella risoluzione di maggioranza sul Pnr approvata con una corposa maggioranza in Parlamento. Risoluzione nella quale, scritto nero su bianco, si prevede “l’impegno” del governo a utilizzare “gli strumenti già resi disponibili dall’Ue”. Non solo il Recovery Fund, quindi, ma anche il fondo Sure, le risorse della Bei e proprio il Mes. E la trincea del M5S? E’ tutt’altro che piegata ma, intanto, ora c’è un testo che ha avuto l’ok del Parlamento e che parla, di fatto, del fondo salva-Stati.

“E’ una giornata nera per i vertici, questa è la verità”, spiega a sera una fonte di primo piano del M5S al termine di un pomeriggio segnato dalla “guerra” sulle commissioni. Il testo non comporta, al momento, un’accelerazione del premier Giuseppe Conte sul Mes. Il capo del governo è fermo nella sua convinzione di attendere settembre e di buttare giù, intanto, un primo schema del Recovery Plan sul quale il Comtitato tecnico di valutazione del Ciae ha già avviato le sue riunioni.

Ma al rientro dalla pausa estiva una prima exit strategy per piegare il Movimento sul Mes già si intravede, ed è composta dal binomio tra la disponibilità immediata delle risorse e l’effettiva necessità di fondi sulla sanità. Necessità che, in caso di seconda ondata del Covid, diventerebbe urgenza non differibile.

Tanto che una fonte di maggioranza prevede che l’unico titolato a “convincere” gli anti-Mes nel Movimento sia proprio il ministro della Sanità Roberto Speranza che, da giorni, ripete a tutti il suo mantra: “a prescindere dallo strumento alla Sanità servono 20 miliardi”. Del resto, spiega la stessa fonte di maggioranza, “il Mes più a chiederlo è Zingaretti più forte è il “no” del M5S”.

In serata, il Movimento è in parte spiazzato dal contenuto della risoluzione. Diversi puntano il dito su chi quella risoluzione l’ha negoziata in una giornata già contraddistinta dalla “rivolta” di buona parte dei parlamentari nei confronti dei direttivi dei gruppi sull’accordo sulle presidenze di commissione.

Su un punto, tuttavia, nel Movimento si dicono certi: “per l’attivazione del Mes serve l’ok del Parlamento. La risoluzione ci dice che il Mes è lì, e va bene. Ma il governo non può utilizzarlo senza il sì delle Camere”. Eppure, per tutta la giornata, i 5 Stelle sono una pentola a pressione. Che esplode in serata, sulle comissioni parlamentari, quando – complice il voto segreto – saltano due dei nomi concordati nella maggioranza: uno (Lorefice), proprio del Movimento e l’altro, Pietro Grasso, di Leu.

 

Nomi concordati da quegli stessi vertici contro i quali si scaglia l’ala dura del Movimento. Anche per questo l’ipotesi che la maggioranza sul Mes si spacchi è tutt’altro che fantasiosa. Toccherà a Conte, ma anche agli stessi vertici pentastellati, provare a trovare un equilibrio tra il sì al Mes e il rischio di un cambio di maggioranza. Non a caso, i 170 sì con cui il Senato approva la risoluzione di maggioranza sono salutati con evidente soddisfazione da chi, a partire dal premier, qualsiasi cambio di maggioranza rischiosissimo per la stabilità dello stesso governo.

Se ne parlerà a settembre, dopo che Conte avrà iniziato il lavoro sul Recovery Plan. Un piano con il quale il premier vuole dare una precisa identità politica alla ripresa italiana, puntando su green, digitalizzazione, opere “utili”, scuola. Ma l’ombra di un settembre “nero” esiste, con il possibile incrocio tra malcontento sociale, Regionali e una voglia di rimpasto che, di giorno in giorno, si fa più evidente. “Il Pd vuole il ministero dell’Istruzione, è chiaro. Ma a quel punto noi chiediamo il Mit”, spiega una fonte di governo del M5S.

(di Michele Esposito/ANSA)