L’impazienza

Fila a un supermercato di Roma,
Fila a un supermercato di Roma, in zona Balduina. ANSA

Insofferenza, agitazione, intolleranza, inquietudine. Si è ipotizzato che la prolungata pausa indotta dal lockdown sarebbe servita per farci riflettere sull’inutilità del vivere in fretta. Avremmo forse capito il valore della calma e la pazienza.

Sbagliato. Siamo tornati quelli di prima, e per chi vive di corsa nulla è cambiato. Bastano due esempi di normale quotidianità: il primo è la coda alla cassa del supermercato ed il secondo, il comportamento nel traffico.

Andare a fare la spesa è un’attività difficilmente eludibile e se comporta un’attimo di effimero piacere perché magari nella spesa abbiamo aggiunto un prodotto prelibato che non vediamo l’ora di assaggiare o di bere, il bel momento sparisce quando bisogna fermarsi ed aspettare alla coda della cassa.

“Ecco, quella davanti non si muove, chissà perché tocca proprio a me…” Osservo le altre code, siamo tutti sull’attenti, aspettiamo che aprano una nuova cassa e se succede, il turno di chi è il primo di una fila si dovrebbe rispettare ma invece no! subentra l’impazienza ed inizia la corsa a chi riesce ad arrivare per primo alla cassa libera.

Non avrei mai fatto in tempo! La pole position non era la mia quindi rimango al mio posto. La persona dietro di me mi si attacca, non c’è rispetto per il metro di distanza, occorre che imponga la sua presenza facendomi quasi sentire il suo respiro sul collo, sbuffa. Sbuffo anch’io, mi volto, la fulmino con lo sguardo ma non capisce. Appena depongo i prodotti, non faccio in tempo a collocare il divisore che arrivano i suoi ammucchiati con estrema celerità!

Via, bisogna fare in fretta. Ci sono i mestieri da sbrigare a casa ed è quasi mezzogiorno, o il figlio da prendere al doposcuola o un’altra urgente commissione da fare o semplicemente siamo in ritardo per chissà quale inderogabile appuntamento. Ognuno ha una sua lecita necessità, per carità, ma l’esperienza della spesa, una volta arrivati in cassa, ricorda che non c’è tempo da perdere, il giorno ha soltanto 24 ore e qualche minuto perso in coda è imperdonabile, figuriamoci poi quello che si perde mentre si cerca di insacchettare alla meglio perché, minacciosi, arrivano gli acquisti dell’altra persona impaziente.

L’altro esempio è il traffico. Qualcuno ha detto che gli italiani guidano male. Forse. Ma credo che invece sia l’impazienza a guidare più che il bisogno di arrivare alla meta. Lo illustro con le parole di Dave Eggers e Stephen J. Hawking: “In Italia, se guidi ad una velocità assurda, tipo 150 all’ora, non vai mai abbastanza veloce per la macchina che hai dietro. E hai sempre una macchina dietro. Sei lì che guidi ad una velocità che consideri sicura… [o molto superiore] quando, nello specchietto retrovisore, vedi avvicinarsi una macchina. Si avvicina così in fretta che la tua macchina ti sembra ferma e quella in avvicinamento ti sembra attaccata a un meteorite.”

Questo succede in autostrada. Però lo stesso comportamento si riscontra nei centri abitati. Bisogna correre. Si deve far vedere quanto bravi si è al sorpasso e quanto potenti sono i motori. Si attaccano pericolosamente, fanno sorpassi da brivido per finire la corsa davanti ad un semaforo, in barba agli autovelox. Hanno fretta, devono arrivare (al semaforo) (prima di me). Cos’è questa “ansia da prestazione” sennò l’impazienza che portiamo dentro e non riusciamo a controllare?

Quindi, penso che il Covid-19 ci abbia semplicemente obbligati a stare fermi, non ci ha insegnato che l’impazienza non fa guadagnare tempo, anzi, può addirittura farlo perdere… più in fretta!

Giancarla Marchi

 

 

 

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