Venezuela: le elezioni “su misura” di Maduro

"Io non voto" e "CNE= frode" scritte in un graffiti di Caracas.
"Io non voto" e "CNE= frode" scritte in un graffiti di Caracas.

Caracas. – “Se ha quattro zampe, muove la coda ed abbaia, è un cane”, si afferma in un noto test umoristico. Allo stesso modo, l’opposizione in Venezuela è convinta che esistono tutte le condizioni per arrivare ad una sola conclusione: le elezioni parlamentari che organizza il governo sono una “farsa” elettorale. Il governo di Nicolas Maduro ha nominato l’arbitro, ha “confiscato” i principali partiti d’opposizione, ha scelto i propri rivali e ha riscritto le regole del gioco. In questo scenario, la vittoria del “chavismo” è scontata. Altrettanto lo è la condanna internazionale. Almeno quella dei paesi democratici occidentali che già criticano la messa in scena.

CNE? Già fatto

L’Alta Corte, convenientemente promossa dal precedente Parlamento dominato dal “chavismo” ma contestato dall’opposizione, ha scelto unilateralmente i cinque nuovi membri del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE). Lo ha fatto in appena 72 ore, e non nei due mesi a sua disposizione, arrogandosi l’autorità del Parlamento, unico organo autorizzato dalla Costituzione ad assumere tale responsabilità. Ha così soddisfatto le esigenze di due “sedicenti” oppositori.

I membri indicati sono due magistrati dell’Alta Corte, la stessa che li ha proposti: Indira Alfonzo e Gladys Gutiérrez Su questi pesano le sanzioni degli Stati Uniti e del Canada. Alfonzo e Gutiérrez accusate di “minare” le basi della democrazia con le loro azioni. Per entrambe vige il blocco di conti bancari e la proibizione di realizzare transazioni economiche e finanziarie. Alfonzo, nominata presidente del CNE, ha precedenti che la rendono poco affidabile agli occhi della dissidenza. Da magistrato sospese l’elezione di tre deputati, rappresentanti delle popolazioni indigene, che avrebbero dato all’alleanza antigovernativa MUD (Mesa de la Unidad Democratica) una maggioranza assoluta di 3/5 nelle elezioni parlamentari del 2015. Poi respinse le denunce dell’Opposizione e confermò i risultati dell’elezione di Nicolás Maduro nel 2018, ritenuta illegittima da più di 50 paesi. Il nuovo vicepresidente del CNE, Rafael Simón Jiménez, ha militato nel passato in partiti ostili al governo ma non è riconosciuto dall’opposizione come un suo esponente.

Tania D’Amelio rettora del CNE sanzionata dagli Stati Uniti per "danni" alla democrazia
Tania D’Amelio rettora del CNE sanzionata dagli Stati Uniti per “danni” alla democrazia

La designazione del CNE è stata oggetto di aspre critiche degli Stati Uniti, del Gruppo di Lima, dell’OSA, e delle Ong locali come l’”Observatorio Electoral Venezolano”, “Sumate”, e “Acceso a la Justicia”.

“Ció dimostra che il TSJ balla al suon degli interessi del governo e cambia le regole elettorali a sua convenienza. Nessuna garanzia giuridica”, ha affermato “Acceso a la justicia”.

Con le mani legate

Fin dal primo momento, il governo si è preoccupato di ostacolare l’azione del Parlamento eletto nel 2015. Lo ha fatto trasformandolo in semplice un oggetto decorativo. Al dichiararlo in stato di “ribellione”, il “Tribunal Supremo de Justicia” lo esautorava e inficiava ogni sua decisione “passata, presente e futura”.

Tre anni dopo, il CNE, sempre pronto a soddisfare le esigenze dell’ Esecutivo, convocava l’elezione di una Assemblea Nazionale Costituente con “pieni poteri”. L’opposizione non partecipò, considerando che le regole del gioco erano discriminatorie.

A gennaio di quest’anno, i deputati “chavisti” con alcuni ex membri della MUD, eleggevano una nuova Giunta Direttiva dell’AN. Fu una mossa immediatamente denunciata dall’opposizione come un “golpe” al Parlamento. L’elezione avvenne senza che fosse presente la maggioranza del deputati. Infatti, al presidente del Parlamento, Juan Guaidó, e alla maggioranza dei deputati la polizia non permise l’accesso all’emiciclo. Mentre Guaidó cercava di saltare il cancello per accedere al Parlamento, Luis Parra si auto-proclamava presidente dell’AN tra gli applausi dei chavisti.

Il rapporto di una commissione parlamentare sostiene che ai rinnegati dell’opposizione, che complici del “golpe”,  furono consegnate auto, somme di denaro ed altri benefici economici.

In prigione o in esilio

Allo stesso tempo, provvedimenti giudiziari ed amministrativi a pioggia castigavano 67 deputati, il 60 per cento dell’opposizione, a cui era stata tolta l’immunità parlamentare.

“Quando si parla di un parlamentare perseguitato, si fa riferimento ad un deputato che è stato attaccato da ‘bande armate filogovernative’, ad un deputato a cui hanno ritirato il passaporto e minacciato di morte, ad un deputato che ha subito l’irruzione a casa della polizia politica o è stato aggredito fisicamente,  ad un deputato sottoposto ad un processo o condannato all’interdizioni dai pubblici uffici, ad un deputato a cui è stata confiscata l’azienda familiare”, precisa la deputata Delcy Solórzano.

Juan Guiado salta il cancello per entrare al Parlamento, ´presidiato dalla paolizia e facinerosi chavisti
Juan Guiado salta il cancello per entrare al Parlamento, ´presidiato dalla polizia e dai chavisti

Ancora oggi, più di 30 deputati sono in esilio o rifugiati in ambasciate a Caracas. Molti sono fuggiti in Colombia, dove hanno formato un gruppo parlamentare in esilio. Alcuni, prima di riuscire a lasciare il Paese, furono arrestati e per mesi chiusi in prigione. In carcere vi sono ancora Juan Requesens del partito “Primero Justicia”, da circa due anni e Gilber Caro e Renzo Pietro di “Voluntad Popular” da dicembre scorso.

Pochi giorni fa, la Ue ha imposto sanzioni a 11 funzionari per azioni che “colpiscono la democrazia e la sicurezza giuridica in  Venezuela”. In totale sono 36.

Nonostante il trionfo dell’Opposizione con il 65 per cento dei voti, il Parlamento oggi non ha alcun potere.

La morsa sui partiti

L’”offensiva” del governo ha colpito anche i partiti dell’Opposizione. Nel gennaio del 2018, il “TSJ” ordinava al CNE di escludere le organizzazioni della MUD dall’iscrizione all’album dei partiti politici. E così fu impedito loro di partecipare alle elezioni presidenziali e di presentare un loro candidato. Leopoldo Lopez, Henrique Capriles, Antonio Ledezma, Freddy Guevara, Ramon Muchacho e David Smolanski non poterono partecipare perché in prigione o in esilio, dopo essere stati accusati ingiustamente di corruzione o di cospirazione

Alle presidenziali solo fu ammessa la candidatura di Henry Falcón, di “Avanzada Popular”, espulso dalla coalizione dell’Opposizione e di quattro sconosciuti. Vinse Nicolás Maduro. Falcón denunciò brogli elettorali e chiese inutilmente la ripetizione delle elezioni. Quattro mesi più tardi, il CNE proibì ai quattro maggiori partiti dell’opposizione ( Volontà Popular, Acción Democrática, Primero Justicia e Un Nuevo Tiempo) di partecipare alle elezioni comunali di settembre. La polemica decisione fu giustificata dal “TSJ” affermando che non avevano partecipato alle presidenziali precedenti.

Ora il Tsj, in una sorta di “espropriazione politica” ha revocato le autorità dei partiti  Acciòn Democratica, Primero Justicia e Voluntad Popular, e designato altre, più arrendevoli al governo. A loro ha consegnato i simboli e le tessere per assistere alle elezioni parlamentari di dicembre. Così facendo, il governo si è scelto gli avversari nella gara elettorale.

Un’immagine recente del deputato Gilber Caro in prigione

“Il regime ha deciso si sequestrare i partiti politici grazie al TSJ”, ha denunciato Henry Ramos storico segretario generale di Accion Democratica.

Non siamo cretini

“Non siamo scemi. Non ci prestiamo alla farsa per permettere a Maduro con un colossale imbroglio, di legittimare il regime cubano che pretende imporre a tutti i venezolani”, ha affermato Macario Gonzales, deputato di Volontà Popular.

Gli undici partiti d’opposizione hanno reso noto, attraverso un comunicato, che escludono la loro partecipazione alle prossime elezioni, considerandole una “farsa elettorale”.

I partiti hanno ribadito una lista di 10 condizioni. Se non saranno sxoddisfatte, non parteciperanno. Tra le loro esigenze vi è  queste, l’abolizione dell’interdizioni ai candidati e ai partiti, un CNE indipendente, un cronogramma elettorale e la presenza di osservatori internazionali indipendenti e qualificati.

Guaidó assicura che la comunità internazionale “non convalidarà” le elezioni.

“Solo cessando l’usurpazione y con un arbitro trasparente si avranno elezioni libere”, avverte.

Voterà solo l’11,4 per cento

Un sondaggio reso noto pochi giorni fa dall’agenzia demoscopica Datanalisis rivela che solo 11,4 per cento degli intervistati è “molto disposto” ad andare a votare nelle parlamentarie. L’84% considera necessario un nuovo Cne, la cui gestione è rifiutata dal 80 per cento dei venezuelani.

Indifferente a tutto, il governo tira dritto per la sua strada ed aumenta i seggi al parlamento da 167 a 277, 110 in più, nonostante la crisi che vive il paese e la fuga all’estero di circa 5 milioni di venezuelani. La cifra stabilita dal Cne, secondo gli esperti, viola la quota percentuale dei parlamentari sulla popolazione, stabilita nella Costituzione. E punterebbe a garantire seggi ai piccoli partiti che facciano da “comparsa” elettorale al governo.

Il CNE ha giá autorizzato la partecipazione ai comizi di  87  organizzazioni politiche: 28 formazioni nazionali, 52 partiti regionali e 6 rappresentazioni indigene,

In questo scenario poco propizio ad una elezione, arriva lo scoraggiante messaggio del ministro della Difesa e garante della trasparenza nelle elezioni, Vladimir Padrino López.

«Non passeranno. Non avranno mai il potere politico mentre esista una Forza Armata Nazionale Bolivariana come quella che abbiamo oggi antiimperialista, rivoluzionaria e bolivariana. Credo sia bene che lo capiscano”, ha detto riferendosi all’opposizione il giorno dell’Indipendenza lo scorso 5 luglio. Parole assai chiare, per chi ancora non avesse capito l’antifona.

“Il nuovo presidente del Cne è il ministro della Difesa. Ed è molto efficiente perché già ha annunciato i risultati di tutte le future elezioni del Venezuela”, ha twittato, con sarcasmo, l’arcivescovo Ovidio Pérez Morales. Parole che ben poterrebbero scrivere l’epitaffio dei comizi.

Roberto Romanelli