I battesimi con la formula “noi ti battezziamo” non sono validi

Battesimo di un bambini.
Battesimo di un bambino.

CITTA DEL VATICANO. – “Io ti battezzo”: è questa l’unica formula che si può usare. Le formule creative che usano il “noi ti battezziamo” sono un abuso liturgico e in quel caso il battesimo non è valido. E’ una vera e propria mannaia, quella della Congregazione della Dottrina della Fede che chiede, con l’approvazione del Papa, il rispetto dei riti e delle formule.

Il rischio è quello di dovere ‘ripetere’ una valanga di battesimi, anche se questo non è preciso perché per il Vaticano è come se quei battesimi non siano mai stati fatti. Starà soprattutto ai sacerdoti autodenunciarsi per le formule sbagliate per avvertire nel caso in cui sia stato impartito un battesimo non valido.

A cascata non sarebbero validi, infatti, neanche gli altri sacramenti per i quali si chiede preventivamente il battesimo, dalla cresima al matrimonio, dalla comunione all’ordinazione sacerdotale. Ma in linea generale, a soccorrere quanti incappati nella formula sbagliata, c’è comunque il Catechismo della Chiesa Cattolica – fanno notare fonti esperte di diritto canonico – che sottolinea, dando, almeno per il passato, una via d’uscita: “Dio ha legato la salvezza al sacramento del Battesimo, tuttavia egli non è legato ai suoi sacramenti”.

“Quando il ministro dice ‘Io ti battezzo…’ non parla come un funzionario che svolge un ruolo affidatogli, ma opera ministerialmente come segno-presenza di Cristo”. Quindi tradurre quell’io con “noi”, per dare al rito un senso comunitario, rende di fatto il sacramento non valido. La Congregazione per la Dottrina della Fede interviene dunque per fermare la ‘creatività’ di alcuni sacerdoti che cambiano le formule dei riti dei sacramenti pensando di migliorarle.

“Recentemente vi sono state celebrazioni del Sacramento del Battesimo amministrato con le parole: ‘A nome del papà e della mamma, del padrino e della madrina, dei nonni, dei familiari, degli amici, a nome della comunità noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo’. A quanto sembra, la deliberata modifica della formula sacramentale – riferisce il dicastero vaticano – è stata introdotta per sottolineare il valore comunitario del Battesimo, per esprimere la partecipazione della famiglia e dei presenti e per evitare l’idea della concentrazione di un potere sacrale nel sacerdote a discapito dei genitori e della comunità”.

Ma l'”io”, che il sacerdote deve pronunciare ha un valore dottrinale ben preciso: “segno-presenza dell’azione stessa di Cristo”. Il sacerdote, dunque, non solo “non ha l’autorità di disporre a suo piacimento della formula sacramentale, per i motivi di natura cristologica ed ecclesiologica sopra esposti, ma non può nemmeno dichiarare di agire a nome dei genitori, dei padrini, dei familiari o degli amici, e nemmeno a nome della stessa assemblea radunata per la celebrazione”.

(di Manuela Tulli/ANSA)