Ritorno dalle aree a rischio, il medico decide che fare

Controlli del bagaglio a mano nell'aeroporto di Fiumicino
Controlli del bagaglio a mano nell'aeroporto di Fiumicino. ANSA/ EMANUELE VALERI

ROMA. – Al ritorno da un viaggio, anche in aree a rischio, è il medico, di base o specialista, a suggerire cosa fare e quali test seguire per capire se si è stati contagiati da Sars-Cov-2, il virus responsabile di Covid-19. Comunque, per chi proviene da zone più a rischio, l’infettivologo Paolo Meo, fondatore della ‘Clinica del viaggiatore’ Cesmet consiglia la quarantena se, ritornato, è a contatto con persone con un sistema immunitario più indebolito.

E’ grazie a una visita clinica, capace di analizzare quali siano stati i contatti avuti in vacanza, che è possibile indicare il percorso da fare. Si può fare il test «tampone» che permette di individuare il virus nell’organismo. Poi c’è il test sierologico, che fotografa gli anticorpi. E’ in grado di dire, con il valore delle immunoglobuline Igm se c’è un’infezione in corso, mentre con le Igg se ci sono anticorpi che difendono dal virus.

“E’ importante fare una valutazione caso per caso – spiega Meo – Si parte da un’indagine che passa attraverso uno studio clinico anche con alcuni test legati alla circolazione dei capillari. E’ inoltre molto importante comprendere quali siano stati i contatti che ha avuto la persona e quali comportamenti ha tenuto, comprese le vaccinazioni fatte prima di partire.

Dall’analisi svolta al Cesmet, su 100 viaggiatori sono circa 70 quelli che un tempo si preoccupavano di altre patologie tipiche dei viaggi, oggi invece non lo fanno più e vengono a chiedere cosa fare solo per il Covid-19. Eppure, le coinfezioni come quelle dello pneumococco e del meningococco, in presenza di Sars-Cov-2, possono diventare particolarmente aggressive”.

Il test sierologico, però, non va fatto subito. “Suggerisco, passato il periodo di quarantena, di non farlo prima di 10 giorni o due settimane”, prosegue Meo che spiega come “nel caso di rientro da aree a rischio” è meglio “fare una quarantena soprattutto se si possono avere contatti con persone a rischio, come anziani, malati cronici, o con basse difese immunitarie”.

L’importante, poi, è seguire le indicazioni più di base. “Bisogna seguire anche le misure più semplici, dall’igiene delle mani alle mascherine, fino al distanziamento sociale”, commenta Danilo Mazzacane, medico specialista in Lombardia, segretario generale della Cisl Medici di Milano.

(di Giampiero Valenza/ANSA)

Lascia un commento