Legge elettorale: primo passo avanti Germanicum, ma strada in salita

Le operazioni di spoglio nel seggio del circolo didattico Pizzigoni di Catania
Le operazioni di spoglio nel seggio del circolo didattico Pizzigoni di Catania, 6 novembre 2017. ANSA/ORIETTA SCARDINO

ROMA. – Il bicchiere della legge elettorale è mezzo pieno o mezzo vuoto, a seconda dei punti di vista. Se infatti essa ha compiuto un passo avanti con l’adozione del Germanicum come testo base della riforma da parte della Commissione Affari costituzionali della Camera, tuttavia tale passaggio è avvenuto con i soli voti di M5s e Pd, con l’astensione di Leu e la non partecipazione al voto di Iv, che hanno molte riserve sul Germanicum.

Un “testo di minoranza” ha affermato a ragion veduta il centrodestra. I voti di Leu e Iv saranno dunque essenziali e per incassarli occorrerà sciogliere una serie di nod complessi. Ma intanto l’odierno voto manda avanti comunque questa riforma dopo il voto ai diciottenni per il Senato mercoledì a Palazzo Madama, il che consente a Nicola Zingaretti di poter dire che “il cantiere delle riforme è aperto” facilitando il sì al referendum dei Dem.

L’adozione del testo base è solo un passaggio procedurale che consente poi di presentare gli emendamenti e aprire il confronto. Eppure tale passaggio si era caricato di significato politico perché lunedì la Direzione del Pd aveva motivato il sì al referendum con il procedere di una serie di riforme che correggano il taglio dei parlamentari, tra le quali, appunto una legge elettorale proporzionale, quale è il Germanicum che, con la sua soglia al 5%, non piace però a Leu, mentre Iv vorrebbe addirittura una legge maggioritaria.

I due partiti tuttavia non hanno votato contro l’adozione del testo base per non mettere in difficoltà il Pd e Zingaretti. Il centrodestra, con un accanito ostruzionismo, ha invece tentato – per usare la metafora di Francesco Paolo Sisto (Fi), “di impedire che Giuditta (il Pd) porti a casa di Zingaretti la testa di Oloferne” cioè il voto sul Germanicum.

Non sono mancati momenti di tensione ma alla fine il presidente della Commissione Giuseppe Brescia (M5s), è riuscito a far effettuare la votazione, prima della quale il centrodestra ha abbandonato la seduta. “E’ un testo di minoranza” hanno detto i capigruppo del centrodestra in Commissione Igor Iezzi (Lega), Francesco Paolo Sisto (Fi), Emanuele Prisco (Fdi) e Alessandro Colucci (NcI).

Bicchiere decisamente pieno, invece per Zingaretti: “Vedo che finalmente il cantiere delle riforme – ha detto riferendosi anche alla legge sul voto ai 18enni – si e’ riaperto e il nostro e’ un si’ al referendum per combattere e cambiare”. Gli hanno fatto eco altri dirigenti Dem, come Graziano Delrio, Emanuele Fiano o Stefano Ceccanti, che ha dato vita al “Comitato Democratici per il sì” al referendum, insieme ad altri parlamentari (come Maurizio Martina, Andrea De Maria, Dario Parrini o Franco Mirabelli) e sindaci (come Dario Nardella o Matteo Ricci, Antonio De Caro o Virgninio Merola).

La strada sarà comunque in salita perché oltre al tema della soglia del 5% c’è quello delle preferenze: M5s le vuole al posto dei listini bloccati, come ha ribadito Vittoria Baldino, mentre esso sono malviste dal Pd. Insomma come dice Riccardo Magi di +Europa, il testo base votato oggi è ancora “una pagina bianca” in cui vanno scritte molte parole da concordare, pena non riuscire a sopravvivere ai voti segreti in Aula.

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