Quote rosa: legge essenziale, ora agire per inclusione

Una lavoratrice in uno stabilimento di costruzione di furgoni.
Una lavoratrice in uno stabilimento di costruzione di furgoni. (ANSA)

ROMA. – Una legge “essenziale”, primo  e indispensabile volano  per  ridurre il gap di genere. Ed ora, a distanza di quasi 10 anni dalla prima approvazione della legge Golfo-Mosca  sulle quote rosa, sono necessarie nuove azioni affinchè si possa parlare di vera inclusione e compiere i passaggi necessari ad abbattere il divario di genere tra uomo e donna.

A fare il  punto  sull’oggi e fornire spunti per il futuro un gruppo  di importanti voci femminili  nel mondo delle imprese e delle istituzioni in ‘La donna in azienda a 10 anni dalle quote rosa, come è cambiata la governance delle imprese in Italia, come cambierà nei prossimi anni’, un incontro  organizzato dall’ agenzia ANSA e trasmesso in streaming su Ansa.it  e su tutti i canali social dell’Agenzia.

A confrontarsi Nadia Linciano, responsabile Ufficio studi economici Consob, la presidente di Valore D Paola Mascaro, l’amministratrice delegata di Msd Italia Nicoletta Luppi, la board advisor coach e formatrice Anna Zanardi Cappon, con la moderazione del direttore dell’ANSA Luigi Contu e un intervento dell’amministratore delegato dell’Agenzia Stefano De Alessandri.

La legge Golfo-Mosca  che ha introdotto, dal 2012, una rappresentanza minima di donne portata al 40% nel decreto fiscale collegato all’ultima Legge di Bilancio, è stata  “efficace e necessaria”,  ha affermato la responsabile dell’unità di ricerca della Consob, Nadia Linciano. “Nel 2010 la presenza delle donne nei cda arrivava al 7%  e soltanto il 44% delle aziende aveva almeno una donna nel consiglio. Per effetto dell’applicazione della legge Golfo-Mosca, a partire dal 2012 siamo arrivate al 100% delle società quotate con almeno una donna nel board e una rappresentanza femminile del 36%”.

Così l’Italia ha raggiunto i Paesi più avanzati nell’Unione europea per le quote rosa nei cda, ma a questo non ha seguito una diffusione della parità a tutti i livelli aziendali. Sono donne solo il 12% dei capi azienda e il 18% degli alti dirigenti. Il tasso di occupazione femminile è del 56,2%, il terzultimo in Europa prima di Macedonia e Turchia. E le lavoratrici guadagnano, in media, il 5% in meno degli uomini.

“Alcuni progressi sono stati fatti, ma manca ancora di fatto un cambiamento culturale”, spiega la presidente dell’associazione di imprese Valore D, Paola Mascaro. “Per questo serve tempo, ma anche politiche di inclusione con strumenti misurabili che aiutino il processo di miglioramento. Così, spiega Massaro, è possibile iniziare  a fare ” massa critica”, ad avere più donne in più ruoli”.

Ma quello che serve  sono  interventi di sistema, dalle infrastrutture per il welfare fino ai meccanismi di promozione all’interno delle aziende e alla lotta agli stereotipi, con la consapevolezza che l’equilibrio di genere è un valore per le imprese, come ad esempio incentivi per le aziende più inclusive  come afferma la presidente e amministratrice delegata per l’Italia della multinazionale farmaceutica Msd, Nicoletta Luppi.

Luppi racconta i sui 27 anni di carriera in un ambiente maschile “sono stata la prima donna informatrice scientifica del farmaco, primo direttore di business unit donna, primo membro del comitato esecutivo donna”, elenca, fino al vertice dell’azienda, dove ha aperto la strada ad altre lavoratrici. Ora il 52% dei dipendenti sono donne e il 49% dei dirigenti.

Un valore che da alle aziende una marcia in più.” Un giornale senza l’intelligenza della scrittura femminile è un giornale monco, che non capisce la società in cui vive”, sottolinea il  direttore dell’ANSA, Luigi Contu. Èd è proprio questo il circolo virtuoso che, spesso, è venuto a mancare, secondo la consulente aziendale Anna Zanardi Cappon, convinta che promuovere la parità di genere “non sia stata sempre una priorità delle donne seduta nei consigli e su questo possiamo fare di più”. Per Zanardi, per le nuove generazioni sarà diverso.

“Nelle ragazze – osserva – vedo una chiarezza di obiettivi e una capacità di avere assolutamente evidente, dentro di loro, quello che noi diciamo si debba cambiare. Il tema, poi, è avere il coraggio di perseguire quello che sentono, invece che lasciarsi guidare da falsi miti, che non sono quelli checambieranno la società come non l’hanno cambiata negli ultimi 30 anni”.

A patto però di mantenere alta l’attenzione perchè  sulla parità di genere, conclude l’amministratore delegato dell’ANSA, Stefano De Alessandri, “serve ” un dibattito permanente “perché solo con un dibattito permanente cambiano alcuni aspetti della cultura, cambiano i valori e cambiano i comportamenti”.

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