“Trump ha scelto”, Amy Coney verso la Corte Suprema

Donald Trump. (ANSA(EPA)

WASHINGTON.  – In Usa ormai si teme apertamente che le elezioni del 3 novembre si trasformino in una crisi istituzionale, con caos e proteste di piazza, dopo che Donald Trump si è rifiutato di impegnarsi ad una transizione pacifica in caso di sconfitta.

Anche le rassicurazioni della Casa Bianca sembrano fuorvianti perché la portavoce ha dichiarato che “il presidente accetterà i risultati di elezioni libere e giuste”. Ma è proprio questo il punto: Trump continua a seminare dubbi sulla legittimità delle elezioni, tanto che poco dopo ha ribadito di non essere sicuro che le elezioni possano essere “oneste” a causa del voto per posta. Un voto che tende a favorire i dem e che probabilmente ritarderà di giorni la proclamazione del vincitore.

Le preoccupazioni sono così forti che il Senato ha approvato all’unanimità una risoluzione (non vincolante) che riafferma “il suo impegno per il trasferimento ordinato e pacifico del potere richiesto dalla Costituzione degli Stati Uniti”. Nel documento si appoggia inoltre l’idea che “non ci devono essere ostruzioni da parte del presidente o di qualsiasi persona al potere per rovesciare la volontà del popolo degli Stati Uniti”.

“Credo che sentire parlare il leader del mondo libero come se fossimo un regime autocratico o autoritario sia qualcosa che ha allarmato me e un sacco di altri colleghi di entrambi i partiti.

So che sono allarmati persino quelli calmi”, ha commentato il senatore dem Joe Manchin, che ha proposto la risoluzione. Poco prima era intervenuto il leader repubblicano al Senato Mitch McConnell per prendere le distanze da Trump e assicurare una “transizione ordinata”.

Ma anche il Pentagono è inquieto, nel timore che il Commander in chief possa invocare l’Insurrection Act per usare le truppe contro eventuali proteste, come voleva fare con quelle per l’uccisione di George Floyd da parte della polizia. Secondo il New York Times, però, diversi ufficiali della difesa ritengono che una mossa del genere porterebbe alle dimissioni di molti dei più alti generali in carica, a partire da Mark Milley, il capo di stato maggiore.

Milley ha già dato la sua risposta scritta rispondendo ad alcuni deputati lo scorso mese: “Credo profondamente nel principio di un esercito Usa apolitico. Nel caso di una disputa su alcuni aspetti delle elezioni, per legge spetta ai tribunali americani e al Congresso risolvere ogni controversia, non all’esercito. Non prevedo alcun ruolo per le forze armate americane in questo processo”.

Il capo del Pentagono Marc Esper e lo stesso Milley erano stati criticati per aver partecipato alla foto di Trump con la bibbia davanti alla chiesa antistante la Casa Bianca dopo che la polizia aveva sgomberato brutalmente la folla che manifestava per la morte di Floyd ma entrambi poi si erano scusati e avevano preso le distanze dall’evento, attirandosi le ire del presidente.

Il clima resta teso, anche a causa della nuova ondata di proteste per la mancata incriminazione dei poliziotti nella morte dell’afroamericana Breonna Taylor. Il governatore repubblicano dell’Ohio Mike Dewine ha già mobilitato 300 uomini della guardia nazionale in vista del primo duello tv martedì prossimo a Cleveland fra Trump e Biden.

Intanto il presidente affronta un tour de force di quattro Stati in un giorno per recuperare terreno nei sondaggi accusando il rivale di aver sospeso la campagna per riposarsi e il figlio

Hunter di aver ricevuto – come rivela un’inchiesta del Senato – 3,5 milioni di dollari da Elena Baturina, la più ricca donna di Russia, vedova dell’ex potente sindaco di Mosca Iuri Luzhkov.

Sabato invece annuncerà alla Casa Bianca la sua candidata alla Corte Suprema al posto di Ruth Bader Ginsburg, per blindare con una maggioranza conservatrice (6 a 3) il massimo órgano giudiziario Usa, che già prevede dirimerà le controversie legali dell’Election day.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)