Recovery traballa: scontro Consiglio-Parlamento Europeo

La sede del Consiglio dell'Unione Europea, nel cui seno si riunisce il Consiglio Economia e finanza della Ue.
La sede del Consiglio dell'Unione Europea, nel cui seno si riunisce il Consiglio Economia e finanza della Ue. (ANSA)

BRUXELLES. – Da un lato un duro scontro tra il Consiglio ed il Parlamento europeo che rallenta le trattative. Dall’altra almeno sette Paesi che in seno al Consiglio frenano il via libera ad un pezzo importante del Recovery fund, rimandando l’ok al momento in cui ci sarà un accordo con l’Eurocamera sul pacchetto globale, Bilancio 2021-2027 compreso.

Il Fondo da 750 miliardi per il rilancio economico dell’Unione (209 per l’Italia) traballa, ancor prima di dover passare dalle forche caudine delle ratifiche nei Parlamenti nazionali.

A lanciare l’allarme è stata la presidenza di turno tedesca. “Abbiamo urgente bisogno di un accordo globale sul Bilancio europeo 2021-2027 ed il Recovery Fund, ma le trattative procedono “troppo lentamente” e così “corriamo il rischio di ritardare anche il Recovery Fund”, ha messo in guardia l’ambasciatore presso l’Unione europea, Michael Clauss, rivolgendo un appello all’Eurocamera ad “aumentare il ritmo” dei negoziati.

Una situazione che neppure l’incontro virtuale tra la cancelliera Merkel, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, ed il leader del Parlamento, David Sassoli, all’inizio della settimana, è riuscito a sbloccare. Prova ne sia che tra un negoziato e l’altro (il prossimo sarà lunedì pomeriggio) trascorreranno almeno dieci giorni.

Anzi, di fronte alle sollecitazioni dei tedeschi, che avevano proposto di andare avanti con le trattative nel fine settimana, è arrivata una dura presa di posizione del negoziatore dell’Eurocamera, l’eurodeputato belga Johan Van Overtveldt.

“Siamo pronti ad accelerare, ma il Consiglio non mostra alcuna reale volontà” di affrontare “quelle che per noi sono questioni chiave – ha avvertito il numero uno della commissione Bilanci -. Le richieste del Parlamento sono note da due anni, tempo trascorso ad attendere che il Consiglio trovasse l’accordo su una posizione. La richiesta di accelerare non è seria, e non è rispettosa nei confronti di questa Istituzione”.

Al cuore del problema sta anche il fatto che il Consiglio, così come la Commissione Ue – ostaggi delle cancellerie nazionali – sostengono che il bilancio comunitario e il Recovery Fund “sono politicamente inscindibili”.

Di tutt’altro avviso è l’Eurocamera, tanto che il direttore generale della comunicazione e portavoce, Jaume Duch, è intervenuto per chiarire: “non stiamo ritardando” perché Bilancio e Recovery fund non sono legalmente un solo pacchetto. Il Recovery potrà essere avviato quando la decisione sulle risorse proprie sarà ratificata dagli Stati membri”, ha affermato, scoprendo così le carte dell’avversario.

Tant’è vero che sette Paesi alla riunione dei 27 ambasciatori dell’Ue (Coreper) non hanno sostenuto la proposta di una procedura scritta per l’adozione del capitolo ‘”risorse proprie”, che avrebbe aperto la strada alle ratifiche dei parlamenti nazionali, per il Recovery Fund, con la motivazione di voler prima vedere l’insieme del pacchetto, compresa la decisione sul Bilancio 2021-2027.

A negare il via libera, per motivi diversi, sono stati i Paesi frugali (Olanda, Austria, Danimarca e Svezia), la Finlandia, la Polonia e l’Ungheria. In particolare i Frugali temono di vedere ridotti o cancellati i “rebates” (gli sconti sul Bilancio), nella trattativa col Parlamento, mentre la Polonia e l’Ungheria, che da anni hanno in corso procedure per l’erosione della democrazia dei loro sistemi, vogliono vederci chiaro sulla condizionalità che lega lo stanziamento delle risorse dal Bilancio Ue allo stato di diritto nei loro Paesi.

La presidenza di turno tedesca “presenterà presto una proposta” su un meccanismo per andare alla trattativa. Ma i principali gruppi politici del Parlamento hanno già avvertito: non si faranno sconti sui valori dell’Ue. Mentre Overtveldt ha rilanciato, “il Consiglio si impegni senza ambiguità nell’introduzione di nuove risorse proprie”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

Lascia un commento